fonte: www.farmacista33.it
Essere educati alla collaborazione e sfruttare le nuove tecnologie, per avere un facile accesso alle informazioni sanitarie, aiutano a organizzare il team, per monitorare al meglio le cure
Nell’ottica di migliorare la gestione delle terapie farmacologiche di un paziente, soprattutto un malato cronico, la collaborazione in forma di team tra medico e farmacista è fondamentale e per attuarla, bisognerebbe sfruttare sempre di più le nuove tecnologie. A parlarne, in un’intervista a Pharmacy Times, è Michael Barr, medico americano, che ha descritto i punti chiave con cui la collaborazione può dare benefici al paziente.
Essere educati alla collaborazione
Secondo l’esperto, l’obiettivo principale della collaborazione deve avere il paziente al centro, con la sua situazione nel complesso. Inoltre, capire come organizzare un team è importante per approcciare i bisogni del malato, specialmente quelli in una situazione complessa o difficoltosa. Per lavorare a livello interprofessionale, comunque, Barr sottolinea che bisognerebbe formarsi insieme, quindi imparare a lavorare in team interprofessionale, coinvolgendo anche altre figure, come gli infermieri, piuttosto che gli assistenti sociali. Il passo successivo è imparare a sfruttare la tecnologia per facilitare la condivisione delle informazioni e il passaggio di documenti, a vantaggio del paziente, in modo che tutte le figure del team siano sempre informate sui cambiamenti a livello di terapie o di regimi terapeutici.
L’impatto della collaborazione sul paziente
Parlando, nello specifico, di pazienti con malattie croniche, difficili da gestire o in situazioni complesse, la modalità con cui medico e farmacista devono collaborare parte dal riconoscimento delle rispettive responsabilità e dalla capacità di portare al tavolo ciascuno le proprie conoscenze, come team interprofessionale. Quindi, spiega l’esperto, sapere i bisogni di una persona e contribuire a dare informazioni a supporto delle sue cure è ciò che il team dovrebbe cercare di raggiungere. Un farmacista può parlare con le persone in un contesto unico, perché potrebbe più facilmente conoscere le problematiche del paziente, anche nell’assumere farmaci, e sapere se ci sono eventuali ostacoli nella gestione delle malattie croniche, per la situazione in cui un malato vive. Un medico, invece, nelle condizioni in cui lavora, quindi con spazi ridotti per ascoltare il paziente, spesso non è in grado di conoscere i contesti intorno al malato ed è proprio in questi aspetti che il farmacista, sottolinea Barr, lavorando con il medico, è di supporto al paziente. Una collaborazione che si potrebbe instaurare anche attraverso telefonate virtuali o video call, suggerisce il medico.
I possibili risparmi per il sistema sanitario
La collaborazione, infine, può determinare risparmi al sistema sanitario, come racconta l’esperto relativamente ad alcune realtà USA, soprattutto a livello di sicurezza di impiego dei farmaci e reazioni avverse. Con un piano di telefonate da parte del farmacista al paziente e un successivo passaggio delle informazioni al clinico, infatti, si è riusciti, nell’esperienza di Barr, ad avere un significativo risparmio in termini economici. In particolare, questa consulenza ha permesso di risolvere molti problemi legati alla terapia, andando a verificare che il 27% dei pazienti aveva bisogno di una terapia aggiuntiva, il 26% aveva dosi sub terapeutiche dei regimi di trattamento e il 13% aveva problemi relativamente a terapie farmacologiche non necessarie o elevato dosaggio inappropriato. Solo una parte dei problemi, invece, era correlata all’aderenza ai farmaci.