fonte: www.farmacista33.it

Oltre il 70% della professione è donna e anche tra i nuovi laureati su 4.700, circa 3.535 sono donne. A fronte di una composizione della categoria sempre più al femminile, restano una serie di criticità, dalle retribuzioni, che in media sono più basse, al tema della maternità e dei figli, alle difficoltà nella conciliazione della vita lavorativa con quella famigliare. Dalle farmaciste, poi, viene segnalata una situazione di disparità e assenza di tutele che riguarda le specializzande del Ssn.

Professione sempre più al femminile, ma restano differenze da colmare
“Le donne sono una risorsa fondamentale per la nostra categoria che è tra le più rosa del SSN, con oltre il 70% di donne” ha dichiarato Andrea Mandelli, presidente FOFI, in occasione della festa della donna. “La forte presenza della componente femminile – oltre 72mila professioniste iscritte agli Ordini – contribuisce ad accrescere la qualità dell’assistenza offerta quotidianamente a pazienti e cittadini”. Che la professione abbia una maggioranza femminile è evidente anche dai nuovi laureati: secondo i dati di Almalaurea Profilo dei laureati 2022 – su 4.711 laureati (anno di laurea 2021) sono 3.535 le donne e 1.176 gli uomini. Le donne, emerge dai dati, in misura maggiore tendono a laurearsi in corso: sono il 37,3% contro il 32,5% quelle che si laureano tra i 23 e i 24 anni, mentre oltre i 27 anni tali quote sono invertite: è il 35,7% per gli uomini e il 30,8% per le donne. Anche il punteggio medio degli esami è 25,5 per le donne e 25 per gli uomini, con voto di laurea in media di 102,4 contro 100,1 degli uomini. Si laurea in corso il 44% delle donne, mentre tra gli uomini tale percentuale è pari al 39,5%.
L’analisi si sofferma poi su quelle che sono le prospettive di lavoro: si dichiara interessata a lavorare a tempo pieno l’86,1% (il 90,6% degli uomini), part time il 41,3% (vs il 27,5%), con contratto a tutele crescenti l’89,9% (vs l’86,7). A valutare un lavoro autonomo o in conto proprio è il 26,6% delle donne, contro il 35,1% degli uomini.
Spostando il focus su chi ha un impiego (Condizione occupazionale dei laureati 2021) anche nel comparto, come negli altri settori, si riscontrano differenze di genere: la retribuzione mensile netta è di 1.485, euro, 1.603 euro, 1.703 euro per i laureati di genere maschile che hanno conseguito il titolo nel 2020, 2018 e 2016; per le donne è, per le stesse annate, di 1.386 euro, 1.490 euro, 1.555 euro.

Retribuzioni, carriere, pensioni: i dati del gender gap
A livello Paese, in generale, AlmaLaurea, che ha sviluppato un approfondimento in occasione della festa della donna – Focus Gender Gap 2023 -, evidenzia come le donne costituiscano il 59,4% dei laureati ma tra i laureati di secondo livello, a cinque anni dal conseguimento del titolo, ci sono differenze di genere anche in relazione al tasso di occupazione che è dell’86,7% per le donne e del 90,9% per gli uomini. Inoltre, gli uomini svolgono più frequentemente un’attività a tempo indeterminato (60,1% rispetto al 52,6% delle donne, a cinque anni dal titolo di laurea). Le donne poi risultano leggermente meno soddisfatte del proprio lavoro; in particolare, a cinque anni dalla laurea sono meno gratificate dalle opportunità di contatti con l’estero, dalle prospettive di guadagno e di carriera, dalla flessibilità dell’orario di lavoro e dalla stabilità e sicurezza del lavoro. Con un ulteriore aspetto da osservare: un dato messo in luce – sempre a livello generale – è che il divario in termini occupazionali e retributivi tra uomini e donne aumenta in presenza di figli. Il differenziale occupazionale si conferma a favore degli uomini, a cinque anni dalla laurea, ed è pari a 22,8 punti percentuali tra quanti hanno figli (è di 2,3 punti percentuali tra chi non ne ha) mentre quello retributivo raggiunge il 23,6% (è del 12,0% tra chi non ha figli). Un gap che emerge anche dai dati pensionistici Inps: nel 2022 su 779.791 nuove pensioni, l’importo medio liquidato per gli uomini è stato di 1.381 euro, per le donne è circa il 30% in meno (976 euro). Pesano differenze retributive, ma anche discontinuità di carriere.

Gravidanza e maternità: denunciate assenze di tutele nel contratto di specializzazione
Ma al di là dei dati, restano le criticità che quotidianamente possono essere vissute. Una denuncia arriva dalle farmaciste specializzande che rilevano disparità di trattamento rispetto ai contratti di specializzazione di altri comparti: “A differenza delle specializzande in medicina” spiega il Consiglio Direttivo di ReNaSFO “le colleghe farmaciste si vedono precluso, durante lo svolgimento del percorso di alta specializzazione, il diritto ad una retribuzione e al periodo di congedo parentale retribuito dallo Stato. A parità di prestazioni professionali, formazione acquisita e responsabilità nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), le donne in formazione specialistica di farmacia ospedaliera che ricercano o raggiungono la maternità non godono di tutele concrete. Questo rappresenta un freno alla nascita di nuovi nuclei familiari. Le specializzande in medicina vengono infatti retribuite con un contratto di formazione-lavoro statale che ne tutela la maternità fino a 12 mesi con congedo parentale stipendiato. Colleghe lasciate sole a scegliere tra famiglia e lavoro nonostante il servizio reso al SSN”.

Per le farmaciste flessibilità oraria e organizzazione del lavoro sono criticità da affrontare
Guardando al mondo medico, secondo i dati elaborati dal Ced della FNOMCeO, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, dei 329.263 medici con meno di 69 anni, il 52% – 170686 – sono donne. Le donne sono la netta maggioranza in tutte le fasce di età sotto i 55 anni: tra i 40 e i 44 anni sono quasi il doppio dei colleghi uomini. Per il Presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli, tale situazione deve determinare una rivisitazione dei “modelli organizzativi e degli orari di lavoro che devono sempre più tener conto di questa realtà. Occorre prevedere modelli organizzativi che permettano a uomini e donne di conciliare i tempi di lavoro con quelli della vita privata e della famiglia”. Il tema della conciliazione dei tempi di lavoro e quelli della famiglia è ben presente anche nella categoria: a fine anno, il Conasfa aveva condotto una survey tra i farmacisti per rilevare la percezione rispetto al proprio lavoro e per indagare le ragioni di una tendenza a uscire dalla professione. Oltre alla remunerazione, era emerso dalla Survey – che aveva rilevato come tre farmacisti su quattro (74%), se potessero, cambierebbero lavoro, anche il fatto che non ci sia una adeguata possibilità di conciliare i tempi di vita privata e lavorativa. A essere rilevato, anche tramite le esperienze e il vissuto diretto di alcune farmaciste, è soprattutto la difficoltà a essere presenti nella vita dei figli, a gestire le malattie dei bambini, a conciliare gli orari di lavoro con quelli della famiglia, a far coincidere le ferie con i periodi in cui i figli sono a casa, con, oltre tutto, il tema economico del costo di eventuali baby sitter non sempre sostenibile.