Fonte: www.farmacista33.it

Farmaci anti epatite C, oltre mille italiani all’estero per comprarli Sono centinaia, forse più di mille, gli italiani che sono già andati all’estero per acquistare, per meno di duemila euro, gli antivirali diretti che curano l’epatite C. «La situazione è quella che tutti conoscono – dice Ivan Gardini, presidente di Epac Onlus, l’associazione dei pazienti con epatite e malattie del fegato – i nuovi farmaci in questo momento sono garantiti solo a pazienti con una malattia grave o gravissima e restano fuori tante persone che hanno una malattia un po’ meno avanzata ma che comunque hanno il virus».

L’Aifa ha deciso di allargare progressivamente i criteri che stabiliscono le priorità dei pazienti a cui destinare le cure, perché i fondi per curare tutti e subito non ci sono. Eppure i più gravi sono stati già trattati con i nuovi farmaci, potentissimi e molto costosi, e nella legge finanziaria appena approvata sono stati previsti 500 milioni da destinare a questi pazienti. «Ci sono persone che hanno deciso di aspettare, non si sa bene ancora quanto, – riassume Gardini – e altre che scelgono di andare a acquistare i farmaci in India, Egitto o comunque Paesi dove costano meno che in Italia».

Secondo Gardini, a spingere la maggior parte di loro è la mancanza di un arco temporale certo, entro il quale sanno che verranno curati: «Suggeriamo di aprire delle liste d’attesa, anche di un paio di anni, ma almeno i medici potranno programmare le terapie e ogni paziente avrà le informazioni per decidere se mettersi in lista oppure procurarsi prima il farmaco; il problema principale è che nessuno riesce a quantificare quanta gente c’è da curare e dove sono questi pazienti, perché non tutti arrivano nei centri specializzati. Bisogna fare delle analisi e un po’ di programmazione, ma è una cosa ragionevole che andrebbe fatta». La richiesta di Epac è condivisa da altre associazioni di pazienti, Aned (Associazione nazionale emodializzati dialisi e trapianto), FedEmo (Federazione associazioni emofilici), l’Isola di Arran (Associazione impegnata nella lotta all’emarginazione legata alla droga), Nadir (Pazienti con Hiv) e Plus (Persone Lgbt sieropositive) unite nella rete “Senza la C”, che l’hanno formalizzata in una lettera rivolta al presidente del Consiglio, al ministro della Salute e al direttore dell’Aifa.