Fonte: www.farmacista33.it

Quella del farmacista è una professione relazionale e, per questo, è necessario mettere in campo un approccio basato sulle competenze di comunicazione. La capacità di ascolto e di formulare le domande giuste è la base per costruire un rapporto durevole, per prendere realmente in carico le esigenze del cliente-paziente e riuscire a soddisfarne al meglio i bisogni, facendo emergere quelli latenti e inespressi. Ma come far vivere un’esperienza positiva a chi entra in farmacia? Ce ne parla Pierangelo Fissore, Direttore Marketing di Uninetfarma ed esperto di comunicazione.

«Tutto cambia attorno a noi e anche il farmacista, finora focalizzato in modo particolare sull’aspetto sanitario e scientifico della propria professione, è chiamato ad acquisire nuove competenze. Ad oggi, infatti, la ricetta ha garantito un ingresso certo del cliente in farmacia, ma, ora, questo non è più sufficiente. La direzione che si sta imprimendo alla professione, orientata sempre di più sulla centralità della salute e sulla presa in carico del cittadino, è giusta. Ma, a maggior ragione, oggi occorre essere pronti, proattivi, nel soddisfare i bisogni dei pazienti-clienti e, soprattutto, nel cogliere quelli latenti e inespressi. Quello che manca, per questa svolta, sono strumenti e competenze adeguate». Il farmacista, infatti, «conosce molto bene proprietà, aspetti terapeutici, del farmaco, ma presenta lacune nel relazionarsi e nell’ingaggiare il cliente-paziente». Una mancanza non da poco dal momento che «quella del farmacista è in primo luogo una professione relazionale». E proprio la capacità di instaurare e soprattutto «coltivare nel lungo periodo il rapporto è fondamentale: acquisire nuovi clienti è indispensabile, ma altrettanto lo è mantenere quelli che già si ha».

Che fare allora? «Già oggi, nel ranking delle professioni il farmacista è ai primi posti per la capacità di infondere fiducia nel cliente-paziente e questo è un primo passo verso la fidelizzazione». Un ulteriore step è costituito dagli «skills di comunicazione e dalle tecniche di vendita, utili a trasmettere i valori della farmacia, ma soprattutto a strutturare in maniera duratura la relazione». Da dove si parte? «Dall’ingresso del cliente in farmacia. Serve capacità di osservazione e analisi, una grande attenzione a tutti i linguaggi, verbali e paraverbali. Come si comporta il cliente quando entra? Che cosa guarda? Come si muove all’interno della farmacia? Come si pone? Che tipo di domande fa e come le fa? Sono tutti aspetti che ci permettono di conoscere le tipologie di clientela con cui si ha a che fare e di relazionarci al meglio, rispondendo a nostra volta a una domanda: che approccio devo adottare?».

Poi c’è l’ascolto: «Ascoltare è fondamentale, per capire l’esigenza che il paziente esprime ma anche il bisogno latente che non riesce a mettere a fuoco. E va detto che rispondere a un bisogno inespresso non significa spingere al consumo, ma fare bene la propria professione». Con il vantaggio che «il cliente-paziente sarà grato di essere stato compreso, supportato e di essere stato considerato con un approccio a tutto tondo». In questa fase il fattore tempo e la proattività sono determinanti: «In un certo senso il cliente va anticipato. Stare ad aspettare che chieda e se ne vada non è il modo giusto per costruire il dialogo e la relazione». Ma attenzione: se, questi, sono tutti strumenti che favoriscono la fidelizzazione, «bisogna fare in modo che sia diretta alla farmacia nel suo complesso e non legata al singolo farmacista. Questo è, innanzitutto, un segnale di qualità diffusa e omogenea. In una logica di squadra, ognuno può avere una specialità e occuparsi di una parte, ma tutti devono essere allineati. Tutti i farmacisti, cioè, devono essere formati e informati in modo da avere un approccio omogeneo e il cliente deve percepire il senso del team. Le competenze di comunicazione, quindi, vanno intese sia verso l’esterno e sia verso l’interno».

Francesca Giani