Fonte: Farmacista33| 14 aprile 2016
Un nuovo algoritmo, testato con successo in uno studio pilota pubblicato su Science Translational Medicine, permette di somministrare la dose appropriata di un dato farmaco a ogni paziente basandosi sui suoi dati clinici. L’approccio matematico, messo a punto dai ricercatori della University of California Los Angeles (Ucla), promette prescrizioni più precise e personalizzate dei trattamenti immunosoppressivi ma anche di terapie oncologiche, per le malattie cardiache, per le infezioni batteriche e altre condizioni che richiedono regimi terapeutici strettamente controllati. Molti fattori tra cui l’età, l’etnia, la genetica e le comorbilità possono influenzare il modo in cui un paziente risponde a un farmaco, rendendo inadeguata la somministrazione di una dose uguale per tutti. Questo è particolarmente vero per i pazienti sottoposti a trapianti, che vengono pesantemente trattati dopo l’intervento chirurgico per far sì che l’organismo non rifiuti il nuovo organo. Ma i farmaci immunosoppressivi hanno una finestra terapeutica ristretta, e spesso dosi eccessive, anche di poco, possono provocare tossicità, mentre dosi troppo basse potrebbero non riuscire a evitare il rigetto.
Finora i medici non potevano fare altro che monitorare attentamente i pazienti, regolando le dosi in modo empirico. Ma Ali Zarrinpar e i colleghi della Ucla hanno messo a punto un sistema di calcolo parabolico che unisce i dati clinici individuali alla concentrazione ematica del medicinale consentendo di prevedere con buona approssimazione quale sarà la dose ottimale di farmaco in un certo paziente. A differenza degli approcci precedenti basati su modelli matematici, il nuovo metodo utilizza un’equazione algebrica per costruire una parabola che raffigura la risposta di un dato paziente a un dato medicinale. E in uno studio pilota svolto su pazienti sottoposti a trapianto di fegato, i dosaggi personalizzati di immunosoppressori calcolati con in nuovo metodo sono rimasti più facilmente nel range ottimale di trattamento. Cosa che ha ridotto la degenza ospedaliera, rispetto ai pazienti di controllo.
Sci Transl Med. 2016. doi: 10.1126/scitranslmed.aac5954
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27053773