Fonte: www.farmaimpresa.it

L’obesità è la più diffusa malattia metabolica nel mondo occidentale [1]. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), nel 2014 oltre 1,9 miliardi di adulti e 41 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni di età erano in sovrappeso o affetti da obesità [2].

In Europa, circa il 50% della popolazione adulta è in sovrappeso, mentre il 30% è obeso, con una maggiore prevalenza nei Paesi dell’est e del sud Europa e con una lieve prevalenza nelle donne rispetto agli uomini [3]. In Italia, dall’Indagine Multiscopo dell’Istat emerge che, nel 2015, il 45,1% della popolazione oltre i 18 anni è in eccesso di peso (35,3% in sovrappeso, 9,8% obeso), con tendenza crescente nel tempo, soprattutto tra i maschi (da 51,2% nel 2001 a 54,8% nel 2015) [4].

Questi dati sono allarmanti, tenendo conto del fatto che l’aumento patologico del peso corporeo per accumulo di tessuto adiposo influisce negativamente sullo stato di salute e che le malattie associate all’obesità, soprattutto cardiovascolari, rappresentano le principali cause di morte in Italia e causano un costo sanitario non indifferente, costo che aumenta proporzionalmente al BMI (indice di massa corporea): 480 euro/anno pro-capite di un soggetto normopeso vs 580-1080 euro/anno pro capite di un soggetto con obesità [5].

Uno stile di vita “biologicamente” corretto (alimentazione secondo le linee guida accreditate e adeguato livello di attività fisica) rimane la pietra angolare di un efficace trattamento dell’obesità. D’altro canto il recupero e il mantenimento di un corretto stile di vita sono difficili da realizzare. Per tale motivo, accanto ai trattamenti farmacologici e di chirurgia bariatrica, da qualche tempo sono stati proposti sul mercato integratori/supplementi con azione nutraceutica che, con vari meccanismi, sembrano essere in grado di favorire una rilevante perdita di peso in assenza di significativi effetti collaterali.

Il valore di mercato di tali prodotti è cresciuto vertiginosamente, raggiungendo oltre un milione di dollari nel 2015 per il solo mercato statunitense, con un tasso di crescita previsto nel periodo 2015-2025 del 7,4% [6, 7]. Sul mercato sono stati individuati oltre 50 integratori e più di 125 combinazioni di sostanze proposte per il trattamento di sovrappeso/obesità. Le motivazioni riferite dai consumatori che li hanno portati a farne uso sono diverse: lo stigma sociale nei confronti dell’obesità, la ricerca di una soluzione miracolistica e definitiva, una maggiore “facilità d’uso” rispetto al cambiamento di stile di vita, la possibilità di procurarsene senza necessità di una prescrizione medica, la spinta della pubblicità, il fatto che molti sono proposti come rimedi “naturali” e la convinzione che naturale equivalga a “sicuro” [8].

L’uso di integratori per perdere peso sembra essere comune tra molti segmenti della popolazione adulta degli Stati Uniti. Molti ne fanno uso per tempi lunghi e tendono a non trasferire questa informazione al medico di riferimento, malgrado questi preparati possano contenere sostanze con azione farmacologica che possono interferire con lo stato di salute e/o con altre terapie in atto [9, 10].

I meccanismi d’azione proposti per i differenti nutraceutici antiobesità sono l’incremento del dispendio energetico (obbligatorio) (up-regulation dell’espressione genica della UCP-1 – uncoupling protein 1), la diminuzione del senso di fame (l’incremento del tono noradrenergico comporta un aumento del senso di sazietà e del dispendio energetico e un aumento dell’ossidazione degli acidi grassi), l’azione inibitoria dell’attività lipasica (con riduzione dell’assorbimento dei grassi), l’azione regolatoria sulla differenziazione degli adipociti (con blocco della attività di alcuni fattori di trascrizione C/EBP – CCAAT/enhancer binding protein beta e PPAR -peroxisome proliferator-activated receptor gamma) o un’azione diretta sui sistemi di regolazione del metabolismo lipidico (un incremento della lipolisi, attraverso, ad esempio, l’attivazione della adenosine monophosphate-activated protein kinase – AMPK comporta l’idrolisi dei trigliceridi e di conseguenza una minore possibilità di accumulo degli stessi). Da notare che molti di questi studi, soprattutto quelli che coinvolgono processi biochimici e di differenziazione cellulare, sono stati svolti su modelli animali e il passaggio all’uomo non necessariamente può dare risultati analoghi [11].
I nutraceutici proposti sono in genere derivati da piante (frutta – agrumi e frutti di bosco ad esempio, ortaggi [soia], semi e spezie [foglie di te]) particolarmente ricche in sostanze bioattive:

– Phytochemicals quali acidi fenolici e polifenoli (l’acido ferulico ad esempio sembra essere in grado di inibire la biosintesi di acidi grassi), flavonoidi (in grado di modulare diversi pathway coinvolti nella digestione dei carboidrati, il deposito di acidi grassi, la produzione di insulina e l’uptake cellulare di glucosio), fitosteroli (in grado di inibire l’assorbimento di acidi grassi e di colesterolo a livello intestinale), alcaloidi quali la capsaicina e la caffeina (in grado di aumentare il dispendio energetico, di ridurre l’appetito, di inibire la differenziazione degli adipociti e la lipasi pancreatica);

– fibra solubile (ricca in pectine, gomme e mucillagini) e fibra insolubile (cellulosa) in grado di favorire una perdita di peso con diversi meccanismi: sostituzione di nutrienti a più alto contenuto energetico, rallentamento/inibizione dell’assorbimento di nutrienti a livello intestinale, effetto saziante;

– acidi grassi insaturi che possono ridurre l’azione di alcuni enzimi responsabili della sintesi di acidi grassi (fatty acid synthase and stearoyl-CoA desaturase-1), favorire l’ossidazione lipidica e la termogenesi;

– proteine (effetto saziante e maggiore effetto termogenetico, induzione della sintesi del peptide-tirosina-tirosina, PYY);

– calcio (un’aumentata introduzione di calcio facilita una maggiore escrezione fecale di grassi – formazione di saponi insolubili Ca-acido grasso, e/o legame con acidi biliari) ed un maggior dispendio energetico;

– probiotici: alcuni microorganismi (Escherichia Coli e Enterobacter Cloaca, ad esempio) sembrano essere in grado di favorire la comparsa di diabete mellito e obesità. I probiotici possono contribuire a contrastare la proliferazione di microrganismi sfavorevoli, a modulare l’appetito, a inibire l’assorbimento degli acidi grassi, a favorire l’omeostasi e l’integrità della mucosa intestinale, a ridurre lo stato infiammatorio.

Accanto a lavori della letteratura che vedono nei nutraceutici prodotti utili e affidabili nel trattamento dell’obesità [12], la maggior parte dei lavori conferma che al momento i risultati non consentono di arrivare a conclusioni univoche e definitive. Ciò in relazione alla numerosità dei prodotti proposti e alla qualità degli studi (spesso condotti su popolazioni diverse e con dimensioni campionarie esigue, con metodiche e dosaggi difficilmente confrontabili, con durata degli studi molto variabile) [8]. Già qualche tempo fa l’efficacia del cromo, dell’acido linoleico coniugato (CLA), del ginseng, del glucomannano, del tè verde, della carnitina, dello psyllium, dell’Hypericum perforatum (St. John’s wort) sono stati messi in dubbio e il loro uso sconsigliato [8]. Alcune revisioni della letteratura hanno tentato di “mettere ordine” nel mondo dei nutraceutici destinati al trattamento dell’obesità, ma anche qui i risultati non sono univoci.

In una revisione condotta da Hasani-Ranjbar et al. (33 lavori pubblicati dal 2008 al 2012), gli Autori arrivano alla conclusione che alcuni prodotti vegetali (Nigella sativa, Camelia Synensis, tè verde, tè nero e cinesi) sembrano avere una discreta efficacia nel trattamento dell’obesità. L’entità dell’effetto di queste piante medicinali è però un punto critico in tutti gli studi che rende problematica l’interpretazione dei risultati ottenuti. Anche se non vengono riportati effetti collaterali negli studi selezionati, gli Autori ritengono che la sicurezza d’uso di queste piante debba ancora essere chiarita attraverso ulteriori studi a lungo termine [13]. Un’altra revisione della letteratura su alcune specie botaniche (Camellia sinensis, Caralluma fimbriata, Citrus aurantium, Coleus forskohlii, Garcinia cambogia e Phaseolus vulgaris) ha messo in evidenza come queste (sia sotto forma di estratti grezzi, sia come composti isolati) abbiano dimostrato in alcuni studi di avere potenziali effetti terapeutici in relazione al controllo dell’appetito e alla perdita di peso. Gli Autori concludono però affermando la necessità di proseguire gli studi per meglio definire l’entità degli effetti, il dosaggio ottimale, i meccanismi di azione, la sicurezza a lungo termine e i potenziali effetti collaterali [14].

Nella revisione di Esteghamati et al. [15] dedicata a verificare l’efficacia e la sicurezza d’uso di tutte le procedure di medicina complementare e alternativa (prodotti botanici, agopuntura, medicina estetica), gli Autori arrivano alla conclusione che le evidenze sono mancanti o clinicamente insignificanti, di poco superiori al placebo in molti casi. Spesso gli studi hanno uno scarso valore metodologico e una durata insufficiente, mancano di un adeguato follow-up, hanno una dimensione campionaria insufficiente ed end-point ambigui. Di nuovo, secondo gli Autori, sono necessari studi di maggior valore metodologico per valutare efficacia, sicurezza, dosaggi, effetti collaterali. I problemi di sicurezza d’uso già da tempo posti non sembrano ancora adeguatamente definiti. Rimane il problema di sostanze spesso non adeguatamente studiate dal punto di vista farmacologico il cui uso è spesso fuori controllo [16]. La Food and Drug Administration statunitense ha vietato il ricorso a prodotti contenenti efedra-caffeina. Dubbi esistono anche sulla sicurezza d’uso di altri prodotti quali, ad esempio, l’Hypericum perforatum ed il cromo per prolungati periodi d’uso [8]. In conclusione, se esiste un razionale per proporre alcuni nutraceutici tra gli strumenti che possono coadiuvare il trattamento di sovrappeso/obesità, al momento purtroppo non esistono molte evidenze scientifiche solide, mentre in alcuni casi sono stati messi in evidenza rischi per la salute. È un mondo, quello dei nutraceutici, che necessita di studi più accurati che tra l’altro contribuiscano a sfatare alcuni miti infondati e dannosi: alimenti (e sostanze in essi contenute), che, in assenza di qualsiasi supporto scientifico, sono pubblicizzati come in grado di far perdere peso (pompelmo, ananas, mele, cetrioli, pane integrale…) o che propongono una perdita di peso, ma non di massa grassa (con rischio di disidratazione e/o sarcopenia) [17].