fonte: www.farmacianews.it
Quando entra in farmacia, il paziente vuole essere ascoltato. Spetta al farmacista cogliere questa esigenza e instaurare un colloquio empatico che instauri un rapporto di fiducia
Il nuovo anno è iniziato con alcune novità nel mondo della salute. L’avatar Katerina, nato dalla tecnologia italiana, ha come obiettivo il ruolo di spiegare ai pazienti il linguaggio medico in ambito cardiovascolare. Un “personal shopper”, che ha come base ChatGPT, aiuta a incrementare le vendite online di cosmetici nelle catene Boots Usa. Un “drone farmacista” consegna in 60’ i farmaci nelle catene Amazon, che ha anche ideato un “robot magazziniere”, Digit, che sarà in grado di ridurre del 25% il tempo di allestimento ed evasione della merce. L’Italia, alla fine del 2024, avrà tutti i permessi per l’utilizzo dei droni nel trasporto.
Segnali di mercato per la farmacia sono:
necessità di assumere il ruolo di liaison nella comunicazione biomedica tra medico e paziente;
necessità dei pazienti di ricevere rapidamente il prodotto nelle proprie abitazioni.
Lasciamo alla logistica distributiva il ruolo di definire modelli di consegna dei prodotti più attuali. È preferibile concentrarsi, invece, sul concetto di liaison tra medico e paziente che può assumere il farmacista, aprendo una riflessione sui ritmi comunicativi richiesti dal mercato.
La dinamica comunicativa in sanità
“Agganciare” la volontà del paziente di essere ascoltato è la fase iniziale di un obiettivo comunicativo. È del farmacista la scelta di volerlo fare o meno. Se manca la volontà del paziente, questa può essere stimolata. La proposta di ascolto fa parte del classico bagaglio che si dovrebbe richiedere a un farmacista. Non si studia, ma si esercita giorno dopo giorno con “tecniche di ascolto”. L’uso delle parole e della punteggiatura nel linguaggio medico, invece, serve a facilitare la vita dei pazienti. Fare le “prove” è un ottimo esercizio.
In uno studio di qualche anno fa è stato chiesto a un gruppo di medici di esprimere a fine visita una delle seguenti frasi: hai bisogno di qualche altra cosa? qualcos’altro? nessuna espressione. Nel primo caso, circa il 50% dei pazienti ha espresso una ulteriore preoccupazione. Nel secondo, il 90% ha sollevato extra preoccupazioni. Nel terzo caso, non sono emersi dubbi.
Se un cliente sceglie di entrare in una determinata farmacia, è perché è certo di ricevere domande. La miglior tecnica per coprire lo “spazio” libero non ancora occupato da altri è in quell’“oceano blu” che può dare soddisfazioni professionali ed economiche. D’altronde, se il cliente non avesse dubbi, potrebbe entrare in uno store automatizzato e fare l’acquisto che più gli interessa. Ma la comunicazione biomedica necessita di esemplificazione.
L’attenzione alle parole e la costruzione di una storia dovrebbero diventare, insieme al bagaglio scientifico, lo strumento pratico necessario al farmacista per affrontare i bisogni e le domande che parte dei circa 200 pazienti medi che giornalmente fanno o hanno necessità di fare quando varcano la soglia della farmacia. La comunicazione frontale, così come quella online, sono elementi di chiarezza e di ascolto. Soprattutto, creano relazione di fiducia. Guardarsi negli occhi, ma anche fare domande online hanno valenze complementari. Contribuiscono a individuare il problema insieme al paziente.
Le parole, i tempi linguistici, la punteggiatura servono a non stravolgere completamente il significato dell’efficacia comunicativa. Nei processi non verbali, invece, sono le pause e i silenzi a rendere ritmica l’efficacia comunicativa. Per chi esprime una propria preoccupazione, il silenzio o la pausa dell’interlocutore danno la sensazione di essere ascoltati. Chiedere maggiori informazioni vuol dire entrare in contatto in maniera empatica con il paziente. L’empatia non è scontata.
Uno studio internazionale effettuato in Canada Uk e India ha definito come anche i medici di medicina generale possono migliorare la propria empatia attraverso un sistema di intelligenza artificiale basato su un modello linguistico che ha ottimizzato il dialogo diagnostico. Dunque, i mercati, incluso quello sanitario, sono coinvolti nell’aspetto narrativo.
Una storia o un racconto?
Probabilmente sia l’uno sia l’altro, a seconda del contesto, ma dobbiamo avere chiare le definizioni in modo da non sovrapporle negli obiettivi. La storia viene espressa in una frase che è affermata da “colui che ha vissuto” e, quindi, sa quello che è successo. Il racconto, invece, è narrazione di fatti avvenuti o meno con una dose di fantasia che esemplifica i concetti espressi. In definitiva:
conoscere le biografie del proprio pubblico;
stabilire una precisa esperienza di racconto che ci lega al pubblico;
definire tutti gli elementi del racconto;
aiutarsi con contenuti, visual, strumenti ecc. che saranno focalizzati sulla storia;
mostrare i risultati e il futuro, rendono la storia convincente e focalizzata al problema e alla soluzione.
Nel mercato “caotico” della salute, dove la burocrazia fa da padrona, la malattia determina incertezza nel paziente, difficoltà di accettazione, corsa verso il tempo. Per il paziente, la necessità di comprendere cosa avverrà nel tempo è un elemento fondamentale.
Il “tarlo” più frequente nella testa del paziente è il rammarico. “E se avessi preso in tempo la mia patologia?” Il farmacista può mettersi sulla lunghezza d’onda del paziente. Approcciare una narrazione aiuta a comunicare chiaramente, con tanto di esempi che nascono dall’esperienza quotidiana.
Nel ciclo narrativo di una storia si deve iniziare con un momento di quiete, per dirigersi verso una serie di problemi che portano a una caduta. Quest’ultima ha l’obiettivo di risvegliare l’ascoltatore, richiedergli un impeto. Farlo reagire chiedendogli sforzi, sacrifici e lotta. In questo modo il farmacista può contribuire a far tornare il paziente sulla strada maestra e ristabilirne la quiete.