Farmaci anti-obesità venduti illegalmente in Ue, l’allarme di Ema

Farmaci anti-obesità venduti illegalmente in Ue, l’allarme di Ema

Fonte: www.pharmaretail.it

Negli ultimi mesi si è registrato un forte aumento del numero di farmaci illegali commercializzati come agonisti del recettore del GLP-1, quali semaglutide, liraglutide e tirzepatide, per la perdita di peso e il diabete. Ema e Aifa hanno diffuso una nota sulla crescente minaccia rappresentata dalla pubblicità e dalla vendita online di farmaci illegali in tutta l’Unione Europea, in particolare per questa classe di farmaci.

Aifa rassicura sulla filiera italiana
I farmaci illegali commercializzati come agonisti del recettore del GLP-1 per la perdita di peso rappresentano un grave rischio per la salute. Si tratta di prodotti -spesso venduti tramite siti web fraudolenti e promossi sui social media- non autorizzati e non soddisfano i necessari standard di qualità, sicurezza ed efficacia. Prodotti illegali che rappresentano un grave rischio per la salute pubblica; infatti, potrebbero non contenere affatto il principio attivo dichiarato e potrebbero contenere livelli nocivi di altre sostanze. Il rischio quindi è da una parte l’insuccesso terapeutico, dall’altro problemi di salute inaspettati e gravi, nonché interazioni pericolose con altri farmaci.

Secondo quanto riportato da Ema, le autorità hanno identificato centinaia di profili Facebook, pubblicità e siti di e-commerce falsi, molti dei quali ospitati al di fuori dell’Ue. Alcuni siti web e pubblicità fraudolente sui social media utilizzano impropriamente loghi ufficiali e false sponsorizzazioni per ingannare i consumatori. I fornitori illegali sono attivamente monitorati dalle autorità nazionali. Le azioni di contrasto includono l’ordine di ritiro dei prodotti, il blocco dei siti web e la collaborazione transfrontaliera con funzionari addetti all’applicazione della legge e altri partner internazionali.

La nota ricorda che gli agonisti del recettore del GLP-1 sono farmaci soggetti a prescrizione medica per gravi patologie come diabete e obesità e pertanto devono essere assunti sotto la supervisione di un professionista sanitario. Inoltre si ribadisce che la vendita online di medicinali soggetti a prescrizione medica non è consentita in nessuno degli Stati membri.

Per quanto riguarda il nostro Paese, AIFA rassicura che l’assetto della filiera legale nazionale, produttiva e distributiva, rende di fatto quasi impossibile l’infiltrazione di prodotti falsificati, che trovano diffusione solo attraverso canali illegali come i siti web non autorizzati e le piattaforme. Inoltre, l’Agenzia italiana del farmaco sottolinea come ad oggi, grazie ai sistemi di controllo della filiera legale, non siano mai stati registrati casi di infiltrazione di prodotti falsificati nel sistema distributivo italiano.

Tra il farmacista e l’IA c’è in mezzo il feedback al paziente

Tra il farmacista e l’IA c’è in mezzo il feedback al paziente

Fonte: www.farmacianews.it

“Che lavoro facevi prima di ChatGPT?”(1). È un’ipotetica discussione tra due professionisti che raccontano il proprio mestiere prima di essere stato superato dalla IA. Cosa direbbero, invece, due farmacisti in merito alle cause di un analogo e repentino cambiamento lavorativo?

Alcune di esse riguardano gli aspetti economici: la mancata “sostenibilità” economica dell’impresa, la sottocapitalizzazione, la “gestione del magazzino e delle vendite”, l’aumento dei “costi fissi”. Altre competono invece ad aspetti sociali:

Invecchiamento della popolazione
Contenimento della crescita dei costi sanitari;
Payback sulle aziende della filiera del farmaco incluso le farmacie;
Mancanza di know-how nel passaggio dal farmaco etico vs il settore consumer;
Aumento dei costi gestionali di magazzino;
Crescita delle politiche commerciali e concorrenziali;
Mancata vocazione dei farmacisti;
Avvento degli assistenti e delle segretarie in farmacia.
Parallelamente, però, va sottolineato come l’Intelligenza Artificiale abbia cambiato il lavoro:

per aspetti economici e sociali più controllati;
per analisi di mercato più sofisticate e rapide;
per il migliore bilanciamento statistico tra acquisti/magazzino/costi/ricavi;
per l’attuazione del lean management, che elimina processi routinari e inutili ad es. la parte burocratica di preparazione controllo e dispensazione del farmaco;
per il magazzino, robottizzandolo;
per l’elaborazione attraverso algoritmi di consigli terapeutici standard e personalizzati;
per la consegna dei farmaci attraverso droni.
Si tratta di uno scenario irrealistico? Secondo Eric Schmidt, ex CEO di Google, quello che conta non è il lavoro che l’IA toglie all’uomo quanto “l’impreparazione umana ad affrontare l’uso dell’IA”. Le funzioni “lavorative impersonali” sono destinate a non sopravvivere perché l’IA sarà sempre più veloce, meglio “settata e più pronta a reagire e a non sbagliare contro le azioni umane”.

Farmacista e IA
Il lavoro di farmacista non corre questo rischio perché dotato di forte personalità. Rincorrere la velocità per paura di perdere vantaggio rispetto all’IA è perdente. L’uso razionale di ridurre i “processi routinari e spesso inutili” trasforma l’IA da “assistente farmacista” a “progettista farmacista”.

L’intelligenza umana dovrebbe comprendere come spendere meglio il guadagno di tempo che l’IA porta per fare le cose utili, quelle tipiche da farmacista”. Il “classico”, tradizionale e distintivo elemento di umanizzazione di questo mestiere si basa sul feedback da dare al paziente. Il “vissuto” è singolare, originale e personale e lo si mette in un lavoro non “replicabile da un algoritmo” che non avrà la capacità di percepire quello che il cliente non sa spiegare.

La più alta forma di ascolto nel rapporto con il paziente? Il silenzio durante un colloquio personale con il paziente che espone le problematiche della sua patologia. La consegna di un foglio delle analisi cliniche, da un paziente al farmacista, è un “contratto fiduciario”.

Tutto è spiegato, refertato, se vogliamo anche facile, perché chiaro da leggere. Il paziente a qualunque età vuole la rassicurazione di uno specialista come il farmacista, e la trova nella farmacia del suo quartiere. L’umanità, la capacità di condividere, lo scambio di sguardi, è il “capitale” sul quale l’impresa dovrebbe investire e pubblicizzare il feedback.

Il servizio di “umanità”
Nel nostro ultimo articolo (2), abbiamo riportato che il miglioramento dell’aderenza terapeutica del 15% porterebbe a risparmiare 300 milioni di euro al SSN. “Dare tempo” per comprendere come evitare un evento clinico “vuol dire ricevere tempo” per attuare la prevenzione, che può dare a un paziente più tempo per vivere meglio.

La “monetizzazione del tempo” è stata spiegata con l’esempio dell’acquisto delle insalate in busta (3). Quanto tempo “spenderemmo” per lavare l’insalata e quanto invece ne spendiamo per acquistare il servizio di una busta di insalata lavata e pronta da mangiare? Il rapporto è di 1 a 2. (0,30 euro vs 0,66€ a minuto).

Nel documento del Ministero della Salute (4) viene riportato un nostro lavoro di qualche anno fa (5) condotto presso le Farmacie Comunali di Sesto San Giovanni (Milano). Il servizio di “aderenza alla terapia farmacologica antidiabetica, ipotensiva e ipolipemizzante a 6 mesi è risultato del 94,2% nel gruppo d’intervento seguito dal medico in collaborazione con il farmacista e del 68,7% nel gruppo di controllo seguito solo dal medico”.

In definitiva, il farmacista “fornendo tempo” nello spiegare al paziente un progetto di aderenza, a 6 mesi, fa “guadagnare” un 25% di maggiore “tempo” ai risultati nella terapia cardiovascolare, con minori costi fissi per il SSN e minori costi variabili per il paziente.

La formazione su regole di “engagement” chiare e tali da mantenere l’aderenza terapeutica nel tempo, sono indispensabili per la buona riuscita del progetto. Un lavoro presentato dal professor Corsini dell’Università di Milano (6), evidenzia che il processo di convincimento del paziente da parte farmacista ha un flusso da seguire.

Il farmacista, poi, discute il livello di interazione tra farmaci. Nello specifico:

Si accerta se aspetti di farmacocinetica e farmacodinamica di un farmaco potrebbero essere alterati da un altro farmaco.
Anticipa le problematiche di cambiamento temporale delle concentrazioni plasmatiche in caso di co-somministrazione.
Mostra le conseguenze di una interazione farmacologica.
Cosa migliorare

La competenza scientifica del farmacista, la richiesta di piccoli aggiustamenti di aggiornamento, la capacità di creare uno “storytelling” adeguato e personalizzato al singolo paziente sono tutti aspetti che potrebbero richiedere delle aree di miglioramento.

Un possibile modello di flusso per l’”engagement” del paziente e un’analisi di calcolo sul tempo strettamente necessario per raggiungere l’obiettivo è stata da noi effettuata.

Almeno 8 minuti a paziente sono indispensabili per svolgere questo lavoro di impegno, basato su aspetti tecnici, psicologici e comunicativi. Se 8 minuti ben performanti nel paziente cardiovascolare possono fornire il 35% di maggiore aderenza terapeutica, varrebbe la pena attuare un investimento di risorse per tutti imprese e SSN.

In un nostro precedente editoriale, abbiamo indicato il tempo dedicato al consiglio al paziente in circa 16’ di cui 9’ dedicati agli aspetti empatici. Quindi, un’impresa che voglia attuare un “servizio di aderenza terapeutica “dovrebbe” ridurre “tempo nelle attività routinarie, per destinarlo a questo lavoro personalizzato.

Abbiamo stimato la necessità di “guadagnare un 23%” del tempo dedicato al “lavoro impersonale” basato sulla burocrazia e sulla preparazione e controllo dei farmaci, da destinare al rapporto con il paziente, che è rappresenta il cuore del lavoro personale del farmacista.

Ma la domanda è: chi farà questo lavoro “impersonale” al posto del farmacista? La risposta è a semplice: l’IA è disponibile e probabilmente nata per fare questo.

Il mito del passaparola in farmacia:perché da solo non basta più!

Il mito del passaparola in farmacia:perché da solo non basta più!

fonte: www.farmaciavincente.it

Di Luca Sartoretto Verna

Quante volte lo hai sentito dire – o forse lo hai pensato anche tu?
“Non faccio pubblicità, tanto andiamo avanti col passaparola.”

È una convinzione radicata in molti titolari di farmacia, ma c’è un problema: il passaparola non è una strategia. È un effetto collaterale positivo di un lavoro ben fatto, non il motore che può garantire crescita e continuità.

Proviamo a fare un test semplice: quanti nuovi clienti-pazienti hai portato dentro grazie al passaparola… la settimana scorsa?

Se la risposta è vaga, o addirittura nulla, allora è chiaro che il passaparola da solo non basta.

Posizionamento: il vero nodo da sciogliere
Quando il posizionamento della farmacia è confuso – quando comunichi tutto e il contrario di tutto – anche il passaparola perde forza. Perché le persone non sanno davvero “chi sei” né cosa ti distingue da altri punti vendita sul territorio.

Ecco la verità: non puoi permetterti di lasciare la tua immagine al caso.
Devi essere tu ad accendere i riflettori, con messaggi chiari e coerenti che raccontino la tua identità e facciano percepire valore.

Le prove gratuite non sono una svendita
C’è chi teme che offrire un test gratuito sia solo “regalare” prodotti. Ma se pensi così, stai perdendo un’enorme opportunità.

La prova gratuita, se gestita con intelligenza, è un cavallo di Troia:

entra dalla porta del “ti do valore senza chiedere nulla in cambio”

ti permette di mostrare competenze, consulenza, servizi

cambia la percezione del cliente-paziente su chi sei e su cosa puoi offrirgli

Non è un’operazione commerciale al ribasso: è un investimento sulla relazione e sulla reputazione.

Non partire dalla vetrina, parti dalla testa
Molti farmacisti, insoddisfatti della propria immagine, cercano soluzioni veloci: cambiare la vetrina, inserire qualche offerta, modificare i colori del volantino.

Ma il problema non è lì fuori. È dentro.

Se il tuo posizionamento ti sembra “sbagliato”, non basta un maquillage estetico. Serve una revisione più profonda, che parta dalla tua visione, dai tuoi valori e dalla tua strategia di comunicazione.

Solo così potrai diventare davvero riconoscibile e costruire un’identità forte, che non dipende più soltanto dal passaparola.

Tiroide in un dito: in farmacia arriva un nuovo screening

Tiroide in un dito: in farmacia arriva un nuovo screening

fonte: www.farmacianews.it

Come (e perché) ricorrere al nuovo screening rapido per misurare il TSH capillare e scovare l’ipotiroidismo subclinico

La tiroide pesa meno di venti grammi, ma dirige un’orchestra che coinvolge metabolismo, cuore, cervello, temperatura corporea. Quando rallenta, il corpo intero procede al minimo. Il problema è che il “motore al minimo” non dà subito segnali clamorosi: un po’ di stanchezza, qualche chilo di troppo, pelle più secca, umore giù di corda. Sintomi aspecifici, facili da confondere con lo stress o con il cambio di stagione.

L’ipotiroidismo subclinico -  forma in cui il TSH (Thyroid‑Stimulating Hormone) è già alto ma gli ormoni tiroidei liberi FT3 e FT4 restano nei limiti -  colpisce fino al 10% della popolazione adulta, nelle donne sopra i 50 anni supera il 15%.

Eppure, solo una minoranza riceve una diagnosi tempestiva. Da qui l’idea di portare il test direttamente in farmacia, con un prelievo capillare che richiede pochi minuti, un software di lettura immediata e, soprattutto, la mediazione di un professionista sanitario pronto a spiegare il risultato.

Fattori di rischio
Tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo dell’ipotiroidismo subclinico va ricordato sicuramente il sesso femminile. Secondo i dati, infatti, il rapporto donna-uomo in fatto di ipotiroidismo subclinico è di  4 a 1. A questo bisogna aggiungere l’età superiore ai 50 anni e la familiarità per tiroiditi autoimmuni.

Diete povere di iodio o ricche di gozzigeni (soia, cavoli crudi in eccesso) possono contribuire in maniera concreta ad aumentare il rischio, così come l’utilizzo di trattamenti farmacologici a base di medicinali interferenti (litio, amiodarone, interferone‑α).

Importante riconoscerlo

Riconoscere precocemente questa patologia è fondamentale per evitare l’aumento del colesterolo LDL e della rigidità arteriosa. Non solo: l’ipotiroidismo subclinico, infatti, può provocare un maggiore rischio di progressione a ipotiroidismo franco (≈ 4 %/anno se TSH > 7 mIU/L) e di complicanze per le donne in gravidanza (parliamo di aborto e ipertensione gestazionale).

Un grande screening
Una puntura sul dito, otto minuti di attesa, una chiacchierata competente: ecco cosa serve per intercettare un disturbo che, se ignorato, può evolvere verso malattie cardiovascolari, infertilità, fratture ossee. Il test capillare del TSH non sostituisce l’endocrinologo, ma crea un ponte fra cittadino e sistema sanitario, riducendo tempi di diagnosi e aumentando consapevolezza.

Perché la prevenzione funziona solo quando è vicina alle persone. E oggi, grazie alla farmacia, la tiroide si controlla davvero “in un dito”.

Come funziona il test capillare
Prelievo

Puntura al polpastrello con lancetta sterile.
Raccolta di 15‑20 µl di sangue su strip monouso.
Analisi rapida

La strip viene inserita in un lettore immuno‑enzimatico portatile.
Reazione antigene‑anticorpo specifica per TSH.
Risultato in 6‑8 minuti con attendibilità >95 % rispetto ai metodi di laboratorio (per range 0,1‑10 mIU/L).
Interpretazione

TSH 0,4‑4,0 mIU/L → funzione tiroidea generalmente nella norma.
TSH 4,1‑9,9 mIU/L + FT3/FT4 normali → possibile ipotiroidismo subclinico.
TSH ≥10 mIU/L o FT3/FT4 bassi → probabile ipotiroidismo conclamato.
Quanto è affidabile?
I dispositivi POCT* di ultima generazione mostrano una variabilità inter‑test <10 %. Per confermare valori sospetti si raccomanda comunque un prelievo venoso tradizionale (Point‑Of‑Care Testing).

TSH fuori range
(in pratica e non soltanto sulla carta)

Un TSH persistentemente elevato, anche senza sintomi eclatanti, si associa a:

Profilo lipidico peggiorato (+10‑15 % LDL)
Maggiore rigidità vascolare → aumento rischio ipertensione
Alterazioni del ciclo mestruale e ridotta fertilità
Riduzione della vitalità psichica (depressione subclinica, slow‑thinking)
Incremento di peso di 2‑4 kg/anno in media, per riduzione della spesa energetica basale
Correggere un iniziale deficit tiroideo evita di arrivare a questi step, come dimostrato da studi longitudinali del Framingham Offspring Study: la normalizzazione del TSH riduce del 30 % il rischio di coronaropatie nei successivi otto  anni.

Prevenzione e counselling
Prossimità: nessun appuntamento, nessuna attesa in laboratorio.
Educazione: il farmacista spiega la differenza fra ipotiroidismo subclinico e conclamato, sfata miti (es. “con il TSH alto ingrassi sempre e comunque”).
Triaging: invio mirato al MMG o all’endocrinologo, riducendo visite inutili.
Follow‑up: remind automatizzati per controllo semestrale, verifica dell’aderenza alla terapia con levotiroxina (va assunta a digiuno e lontano da calcio/ferro).
Servizi complementari: misura pressione, profilo lipidico capillare, counselling nutrizionale — tutto utile per i pazienti tiroidei, che hanno maggior rischio cardiovascolare.
Integratori per la tiroide

Iodio: solo se documentata carenza (es. dieta vegana stretta senza sale iodato).
Myo‑inositolo + selenio: trial italiani mostrano lieve riduzione TSH in tiroidite di Hashimoto subclinica.
Ashwagandha: piccole evidenze, non indicato in gravidanza.
Sempre dopo parere medico: un eccesso di iodio può paradossalmente bloccare la tiroide (effetto Wolff‑Chaikoff).

Che cos’è l’ipotiroidismo subclinico

Parametri Intervallo di riferimento Stato tiroideo
TSH 0,4‑4 mIU/L + FT4 nella norma Eutiroidismo Nessuna alterazione
TSH 4‑10 mIU/L + FT4 normale Ipotiroidismo subclinico Sintomi sfumati, anticorpi spesso positivi
TSH ≥ 10 mIU/L o FT4 basso Ipotiroidismo conclamato Terapia sostitutiva indicata

Strategie concrete per chi risulta a rischio

Area di intervento Come agire Razionale scientifico
Iodio nella dieta Sale iodato, pesce 2 volte/sett, alghe con moderazione Lo iodio è substrato essenziale per la sintesi di T3/T4
Micronutrienti chiave Selenio 55‑100 µg/d (noci del Brasile)
Zinco 8‑11 mg/d (semi, legumi)

Cofattori della deiodinasi che converte T4 in T3
Gestione stress Mindfulness, yoga, sonno 7‑9 h Cortisolo cronico riduce TRH ipotalamico
Evitare eccessi di soia cruda & crucifere Consumare cotte e ben spaziate dai farmaci Goitrogeni che competono con lo iodio
Attività fisica moderata 150 min/sett cardio + 2 sessioni forza Aumenta conversione T4→T3, migliora sensibilità ai sintomi

Camice, distintivo e tesserino del farmacista, indossarli correttamente per evitare multe

Camice, distintivo e tesserino del farmacista, indossarli correttamente per evitare multe

fonte: www.farmacista33.it

Il Codice Deontologico prevede l’obbligo di indossare correttamente camice bianco, distintivo professionale e tesserino identificativo durante l’attività in farmacia e in parafarmacia. Si tratta di strumenti essenziali per garantire trasparenza verso il cittadino e tutelare la professione. Il mancato rispetto può comportare sanzioni disciplinari, penali e amministrative


Farmacista italiano
Indossare correttamente il camice bianco, il distintivo professionale e il tesserino identificativo non è una mera formalità, ma un obbligo sancito dal Codice Deontologico del Farmacista (art. 7) e un presidio fondamentale per la tutela del cittadino. Il mancato rispetto di questa norma espone i professionisti, in caso di controlli da parte dei Nas, a sanzioni disciplinari, penali e pecuniarie. A ricordarlo è una recente comunicazione dell’Ordine dei Farmacisti di Bari-Bat, in risposta a diverse segnalazioni ricevute.

Il camice bianco – sottolinea l’Ordine – è un elemento distintivo obbligatorio per i farmacisti che esercitano la professione in pubblico, insieme al distintivo professionale e a un tesserino identificativo contenente informazioni personali e di iscrizione all’Albo. Questo insieme di identificativi è una prerogativa esclusiva dei farmacisti e garantisce al cittadino la possibilità di individuare agevolmente e senza possibilità di equivoci il farmacista, unico professionista abilitato a fornire consigli sui medicinali.

Cosa deve indossare il farmacista in farmacia e parafarmacia
L’Ordine richiama la norma deontologica, art. 7 del Codice del farmacista, dedicata a “Distintivo professionale e camice bianco” che in primo luogo stabilisce che “nell’esercizio dell’attività professionale al pubblico, il farmacista ha l’obbligo di indossare il camice bianco unitamente al distintivo professionale e ad un tesserino identificativo con indicazione del nome, del cognome, nonché del numero di iscrizione all’Albo e dell’Ordine di appartenenza. Il distintivo può essere integrato anche nel tesserino identificativo”.

I tirocinanti sono tenuti a indossare almeno camice e tesserino con l’indicazione del loro status mentre il distintivo professionale “quello adottato dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Farmacisti e distribuito dall’Ordine territorialmente competente” può essere utilizzato solo dai farmacisti iscritti all’Albo che esercitano la professione nelle strutture pubbliche o private ove è prevista per legge la figura del farmacista.
Il tesserino in caso di cancellazione dall’Albo dovrà essere restituito al competente Ordine territoriale.

Il rispetto di queste regole deve essere curato dal direttore di farmacia pubblica o privata e da farmacista responsabile della parafarmacia. Se le disposizioni non vengono osservate dalla proprietà della farmacia o parafarmacia, queste due figure professionali devono segnalare l’irregolarità all’Ordine.

Il personale non farmacista: divise diverse per evitare equivoci
Il personale non farmacista (commessi/addetti alla vendita e magazzinieri) se presente in farmacia, deve invece indossare un camice di colore diverso da quello dei Farmacisti, tale che lo renda facilmente e inequivocabilmente distinguibile dai Farmacisti iscritti all’Albo. Questo perché non si crei “confusione nell’utenza” e pertanto si eviti “l’esercizio abusivo della professione da parte di personale NON abilitato” reato previsto dal Codice penale all’art. 348: “Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000”)”.

West Nile virus, farmacisti chiamati a riconoscere sintomi sospetti compatibili con infezione

West Nile virus, farmacisti chiamati a riconoscere sintomi sospetti compatibili con infezione

fonte: www.farmacista33.it

I farmacisti sono chiamati dal Ministero a un ruolo attivo nell’ambito delle misure in risposta alla circolazione dei virus della West Nile disease e dell’Usutu: riconoscere utenti con sintomi compatibili con infezioni

West Nile virus, farmacisti chiamati a riconoscere sintomi sospetti compatibili con infezione
Il Ministero della Salute assegna un compito ben preciso ai farmacisti nell’ambito delle misure in risposta alla circolazione dei virus della West Nile disease e dell’Usutu, che consiste nel riconoscere utenti della farmacia con sintomi compatibili con infezioni da Arbovirus e invitarli a fare accertamenti presso il proprio medico. Lo ribadisce Federfarma alle farmacie.

I sintomi delle infezioni da Arbovirus
I dati aggiornati al 23 luglio, dell’Istituto superiore di sanità indicano che dei 32 i casi confermati di infezione da West Nile virus 21 sono stati segnalati dalla Regione Lazio, tutti nella provincia di Latina epicentro di un primo focolaio.
Come riportato dalla circolare ministeriale, l’infezione da virus West Nile si può manifestare in modo estremamente variabile:

Infezione asintomatica (sino all’80% dei casi);
Infezione paucisintomatica (sino al 20% dei casi) caratterizzata da sindrome febbrile aspecifica con febbre o storia di febbre recente trattata con antipiretici non altrimenti spiegabile talora associata a cefalea, astenia, mialgia, nausea, vomito, diarrea e rash cutaneo morbilliforme;
Infezione neuroinvasiva (<1% dei casi, 10% letalità) caratterizzata da un andamento bifasico, inizialmente simile alla forma paucisintomatica e poi seguita nei giorni successivi da una sindrome neurologica acuta e progressiva caratterizzata da sintomi quali:
encefalite;
meningite a liquor limpido;
poliradicolo-neurite (simil Guillain-Barré);
paralisi flaccida acuta
La comparsa di casi aggregati con sintomatologia febbrile di non chiara origine deve inoltre far porre il sospetto clinico di arbovirosi autoctona come WNV, ma senza trascurare anche altre arbovirosi come dengue e chikungunya.

Le misure di prevenzione: farmacie coinvolte per sintomi e informazioni
“Numerose e articolate sono le misure di prevenzione e di contrasto alla diffusione del virus WNV tra le quali occorre sottolineare – scrive l’associazione – quelle che riguardano le farmacie territoriali in quanto la circolare assegna un compito ben preciso ai farmacisti che risultano coinvolti direttamente, con l’intento di individuare precocemente possibili casi di infezione”.

“I farmacisti, infatti, in presenza di utenti con sintomi compatibili con infezioni da Arbovirus (quindi virus West Nile, Dengue e Chikungunya), inviteranno i cittadini a rivolgersi al proprio medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta, figure competenti per un’adeguata valutazione clinica e diagnosi differenziale”.

Un’altra misura altrettanto importante è l’attività di informazione e sensibilizzazione sottolineando l’importanza dell’adozione delle principali misure di prevenzione, quali:

l’uso corretto di repellenti topici;
l’utilizzo di abbigliamento protettivo;
l’installazione di barriere fisiche (ad es. zanzariere);
l’impiego di soluzioni ambientali volte a ridurre l’esposizione alle punture di zanzara (ad es. dispositivi per il controllo di temperatura e umidità, come i condizionatori);
eliminazione degli oggetti che possono costituire piccole raccolte temporanee di acqua (es. barattoli vuoti, sottovasi, ecc.);
prevenzione dei ristagni, che creano le condizioni per lo sviluppo larvale delle zanzare.