da Redazione SoFarmaMorra | 21 Maggio 2025 | Mondo Farmacia
fonte: www.farmacista33.it
Ci sono prove di una stretta associazione tra la durata del sonno e l’incidenza del diabete di tipo 2: ogni ora in più o in meno di sonno aumenta sino al 50% il rischio di diabete di tipo 2
La durata del sonno influisce significativamente sul rischio di sviluppare diabete di tipo 2: se la normale una durata del sonno è di 7 ore al giorno, un riposo troppo breve (meno di 6 ore) o troppo lungo (oltre 9 ore) può aumentare fino al 50% il rischio di sviluppare la patologia e ogni variazione di un’ora in più o in meno rispetto alla durata ottimale comporta un incremento del rischio del 9-14%. Il tema, supportato da un’ampia letteratura scientifica, è stato presentato al congresso nazionale della Società Italiana di Diabetologia (SID).
Ritmo circadiano regolato da neurotrasmettitori
Diversi studi, riportano i diabetologi, hanno calcolato che fino ad un terzo delle persone con diabete abbia una qualche alterazione del sonno, rispetto all’8,2% delle persone senza la malattia. Alterazioni che possono riguardare la durata o la qualità del sonno e che generano sonnolenza diurna, problemi di memoria e cognitivi. I disturbi del sonno possono essere anche precedenti alla diagnosi: si è visto infatti che la frammentazione del sonno è correlata a insulino-resistenza nelle persone affette da obesità senza diabete.
Il sonno è un elemento dei ritmi circadiani ed è regolato anche da vari neurotrasmettitori: insonnia e diabete potrebbero avere una matrice comune nel GABA (acido gamma amino butirrico) che è prodotto anche a livello del pancreas. Anche l’oressina, un neurotrasmettitore coinvolto sia nel ritmo sonno-veglia, sia nel metabolismo del glucosio potrebbe essere coinvolto perché suoi livelli diminuiscono in presenza di apnee ostruttive, obesità e depressione.
“Il sonno è regolato da una cascata di eventi molto complessa” spiega Gian Paolo Fadini, Consigliere Nazionale SID “insonnia, scarsa durata del sonno, risvegli frequenti, sonno frammentato, e risvegli precoci determinano una ridotta sensibilità all’insulina e innescano un circolo vizioso. Si tratta di effetti concreti sul metabolismo, come riduzione della tolleranza al glucosio, aumento dell’insulino resistenza e disfunzione delle cellule beta. La carenza di sonno, se cronica, si associa anche ad un peggiore comportamento alimentare, con assunzione di cibi più ricchi di grassi e zuccheri. Le persone con obesità e diabete presentano spesso apnee ostruttive che provocano risvegli notturni e sonnolenza diurna. Inoltre, le persone con diabete e neuropatia periferica lamentano spesso intorpidimento, formicolii e dolore agli arti inferiori. La sindrome delle gambe senza riposo, infatti, interessa una persona con diabete su 5”.
Cronotipo, dormire troppo o troppo poco
La breve durata del sonno e la privazione del sonno sono anche associati a livelli elevati di cortisolo e citochine pro-infiammatorie, cambiamenti nelle adipochine secrete dal tessuto adiposo, aumento della lipolisi e aumento della fame e dell’appetito, in gran parte determinati da diminuzione dei livelli di leptina e aumento di quelli di grelina.
Anche il ‘cronotipo’ è stato collegato al diabete di tipo 2: coloro che hanno una preferenza ‘serale’ cioè, andare a letto tardi e alzarsi tardi, avevano una probabilità aumentata di 2,5 volte di avere diabete di tipo 2 rispetto ai cronotipi mattutini (cioè coloro che prediligono andare a letto presto ed alzarsi presto).
“In un’ottica di presa in carico multidisciplinare, anche il sonno è un elemento che dovrebbe essere indagato di routine – sottolinea Raffaella Buzzetti Presidente SID – tra diabete e sonno, infatti, si instaura una ‘relazione tossica’ che non solo determina l’aumento dei livelli di glucosio e insulina a digiuno ma anche dell’emoglobina glicata, ad indicare e un peggiore controllo metabolico. L’ultima Consensus ADA/EASD ha posto il sonno come una delle componenti centrali nella gestione del diabete di tipo 2, dandogli pari dignità a fattori di stile di vita come dieta e l’esercizio fisico”.
da Redazione SoFarmaMorra | 21 Maggio 2025 | Mondo Farmacia
Fonte: www.farmacista33.it
Aumentare le coperture, sia tra i ragazzi che tra le ragazze, può contribuire a ridurre il rischio di tumori Hpv correlati, ma anche a contrastare la diffusione delle infezioni da Hpv. Il farmacista può contribuire affrontando proattivamente le preoccupazioni delle persone sulla sicurezza e l’efficacia del vaccino anti Hpv
Il vaccino contro l’HPV riduce in modo significativo il rischio di tumori correlati all’HPV, con un notevole calo delle infezioni e delle lesioni precancerose tra gli individui vaccinati. Alla luce di questo, i farmacisti dovrebbero sottolineare l’efficacia del vaccino nella prevenzione del cancro ed essere preparati ad affrontare le problematiche relative alla sicurezza delle persone, nonché a fornire educazione e a rimanere informati, per affrontare eventuali preoccupazioni. A evidenziarlo è una review pubblicata su Pharmacy Practice in Focus: Health Systems.
Infezioni da HPV in Italia
L’infezione da papillomavirus umano (HPV) è estremamente frequente: si stima che fino all’80% delle donne sessualmente attive si infetti nel corso della vita con un virus Hpv di qualunque tipo, e che oltre il 50% si infetti con un tipo ad alto rischio oncogeno. In Italia, la prevalenza di Hpv oncogeni nella popolazione generale è pari all’8% ed è maggiore nelle più giovani, con un picco sotto i 25 anni. Anche in Italia, il sottotipo di virus più frequente è Hpv 16, la cui prevalenza nella popolazione sana è di circa del 2-10%, mentre la prevalenza di Hpv 18 è di 0-6%. In presenza di lesioni citologiche, la prevalenza di questi due tipi è più elevata. La prevalenza dell’Hpv aumenta nelle donne con citologia anormale (34-68%), proporzionalmente alla gravità delle lesioni, superando il 90% nei tumori invasivi del collo dell’utero.
La prevenzione primaria con la vaccinazione
In Italia sono stati approvati tre vaccini: bivalente, contro Hpv 16 e 18, quadrivalente, che protegge anche contro Hpv 6 e 11, e nonavalente, disponibile dal 2017, che previene oltre il 90% delle forme tumorali associate al virus, con un ottimo profilo di sicurezza. La somministrazione è in due dosi, nei soggetti fino a 14 anni. Oltre questa età, sono previste tre dosi. A seguito della vaccinazione, gli anticorpi persistono circa nove anni, pertanto ad oggi non è indicata una dose di richiamo. In ogni caso, è importante sottolineare che, dal momento che i vaccini disponibili non prevengono la totalità delle infezioni da Hpv ad alto rischio, la vaccinazione non sostituisce lo screening tramite Pap test o Hpv test.
Efficacia della vaccinazione
La vaccinazione contro l’HPV riduce in modo significativo il rischio di tumori correlati all’HPV. Uno studio su 1.672.983 pazienti di sesso femminile di età compresa tra 10 e 30 anni che avevano ricevuto il vaccino ha scoperto che l’immunizzazione era associata a una sostanziale riduzione dell’incidenza del cancro cervicale invasivo, con una diminuzione più pronunciata tra le donne vaccinate prima dei 17 anni. Dalla prima approvazione del vaccino per l’HPV negli USA, inoltre, si è registrato un calo dell’88% delle infezioni tra le adolescenti e dell’81% tra le giovani donne e la percentuale di lesioni precancerose causate dai tipi di HPV più comunemente associati al cancro cervicale è diminuita del 40% tra le donne vaccinate. Infine, la vaccinazione offerta sia alle donne che agli uomini ha portato a un declino più rapido e sostanziale dei tipi di HPV prevenibili con vaccino e l’aumento complessivo dei tassi di vaccinazione fornisce benefici attraverso l’immunità di gregge, riducendo anche la diffusione del virus tra i non vaccinati.
La consulenza del farmacista
I farmacisti hanno un ruolo chiave nell’affrontare proattivamente le preoccupazioni delle persone che vi si rivolgono, attraverso una comunicazione efficace. Ad oggi, i benefici della vaccinazione contro l’HPV nella prevenzione del cancro cervicale e di altre malattie correlate all’HPV sono stati ampiamente documentati. Tuttavia, dal momento che le preoccupazioni sulla sicurezza possono contribuire all’esitazione vaccinale e dissuadere le persone dal ricevere il vaccino contro l’HPV, così come i genitori dal far vaccinare i figli, è consigliabile che i farmacisti intraprendano un dialogo aperto con chi entra in farmacia in merito alla vaccinazione per l’HPV, per garantire che sia informato e che eventuali preoccupazioni vengano affrontate.
Fonte
Bradford C. V. et al., HPV vaccine: balancing benefits, risks, and public perception. Pharmacy Practice in Focus: Health Systems (2025); 14(3); https://www.pharmacytimes.com/view/hpv-vaccine-balancing-benefits-risks-and-public-perception
Epidentro. Aspetti epidemiologici dell’infezione da HPV in Italia https://www.epicentro.iss.it/hpv/epidemiologia-italia
Epicentro. HPV. https://www.epicentro.iss.it/hpv/
da Redazione SoFarmaMorra | 21 Maggio 2025 | Mondo Farmacia
fonte: www.pharmaretail.it
Federfarma ha pubblicato anche quest’anno il documento “La farmacia italiana 2025”, un’analisi completa sull’evoluzione del ruolo delle farmacie in Italia. Il report traccia una fotografia della farmacia nel 2025, illustrando l’impegno della farmacia nel rafforzare la sanità di prossimità, l’ampliamento dei nuovi servizi, la crescente integrazione con il Servizio sanitario nazionale e il miglioramento dell’accessibilità per i cittadini, in particolare nelle aree interne e più fragili.
Le nuove norme potenziano il ruolo della farmacia
«Due importanti novità hanno interessato la farmacia italiana nel 2024. La prima l’introduzione, con la Legge di Bilancio 2024, di un nuovo modello di remunerazione per le farmacie sui medicinali erogati in regime di convenzione con il SSN in parallelo all’avvio di un processo di trasferimento dei medicinali dalla distribuzione diretta/distribuzione per conto alla distribuzione in farmacia in regime convenzionale» spiega Marco Cossolo, presidente Federfarma nazionale nell’introduzione. «Questi due passaggi, strettamente collegati tra loro, hanno costituito un’innovazione di assoluto rilievo che, finalmente, ha dato attuazione a una serie di norme volte a potenziare il ruolo delle farmacie nella dispensazione dei farmaci per la cronicità, approvate negli anni passati, ma mai concretamente attuate». La novità del 2025 è il rinnovo della Convenzione farmaceutica nazionale (della quale PharmaRetail aveva già parlato qui) in vigore dal 6 marzo 2025, a seguito dell’Accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni, che fa seguito ai due succitati passaggi fondamentali introdotti nel 2024 ed è destinata a incidere profondamente sull’evoluzione della farmacia italiana nel prossimo futuro.
Il 79% dei farmacisti collaboratori è donna
l numero delle farmacie continua ad aumentare anche a seguito dei concorsi straordinari e alle nuove aperture ed oggi è arrivato a 20.195. Il rapporto effettivo farmacie-abitanti è superiore a quello previsto dalla legge (pari a una farmacia ogni 3.300 abitanti). Questo perché le farmacie sono presenti anche nei centri abitati con poche centinaia di abitanti e perché le Regioni hanno sfruttato la possibilità, prevista dalla legge, di aprire farmacie in zone disagiate e mal collegate, indipendentemente dal numero di abitanti. Le farmacie rurali in Italia sono 7.200, operano in piccoli comuni con meno di 5.000 abitanti e assistono più di 10 milioni di persone. Di queste, 4.400 sono farmacie rurali sussidiate, situate in aree con meno di 3.000 abitanti e sostenute economicamente dalle Regioni per il loro ruolo essenziale in zone disagiate. Tra queste, 2.000 si trovano in centri con meno di 1.500 abitanti, servendo quasi 2 milioni di persone, soprattutto anziani. Oltre il 60% delle farmacie è oggi gestita in forma societaria. La quota restante (poco meno del 40%) è gestita sotto forma di ditta individuale. I farmacisti titolari di farmacia e soci di società titolari di farmacia sono complessivamente 21.300 (elaborazione Federfarma su dati ENPAF al 31 dicembre 2024): il 53% è costituito da donne. Per quanto riguarda l’occupazione, il numero degli addetti complessivi e pari a 100mila di cui 76mila dipendenti, di cui 58mila farmacisti collaboratori. I farmacisti collaboratori sono per il 79% donne, e 21% uomini, con un’età media di 41 anni.
Il futuro della farmacia: l’accesso ai farmaci e servizi
A conclusione del documento viene dato uno sguardo al futuro della farmacia e come primo punto fermo dell’attività delle farmacie c’è l’impegno sul fronte della dispensazione professionale dei medicinali: “in questo ambito si intrecciano due questioni centrali, l’appropriatezza d’uso e l’accesso alle cure farmacologiche, che costituiscono altrettante sfide fondamentali per la sanità del futuro”. Infine, il modello della Farmacia dei servizi, che è stato di fatto aggiornato e integrato a seguito dell’esigenza di dare nuove risposte ai bisogni della popolazione (con i test sierologici, i tamponi, i vaccini), deve trovare concreta attuazione su tutto il territorio nazionale, nell’ottica di contribuire al potenziamento della rete. di assistenza territoriale, la cui efficienza si è dimostrata fondamentale per affrontare il quadro epidemiologico.
da Redazione SoFarmaMorra | 8 Maggio 2025 | Mondo Farmacia
fonte: www.farmacianews.it
La settimana Mondiale dell’Immunizzazione – in corso dal 24 al 30 aprile – ha rappresentato l’occasione per la Federazione internazionale dei Farmacisti – FIP, di pubblicare un documento di analisi dei progressi compiuti nella vaccinazione a livello globale e delle sfide ancora da superare.
In occasione della Settimana Mondiale dell’Immunizzazione, celebrata dal 24 al 30 aprile, la International Pharmaceutical Federation – FIP, ha presentato un’analisi completa dei progressi raggiungi nella vaccinazione in farmacia basandosi sui dati di 116 Paesi. Il documento mostra le strategie di successo implementate dai diversi Paesi per rendere le vaccinazioni più accessibili, citando anche l’Italia come esempio di best practice. Obiettivo primario del rapporto è fornire una fotografia dei progressi compiuti e delle sfide ancora in campo per promuovere la vaccinazione in farmacia a livello globale.
Le vaccinazioni in farmacia: lo scenario globale
A livello globale, dei 116 Paesi ricompresi nell’analisi, 56 – tra cui l’Italia – hanno adottato normative per promuovere la vaccinazione in farmacia. L’Europa risulta in tal senso il Continente più avanzato con 25 Paesi che hanno implementato la normativa. In questi contesti si sta lavorando per ampliare l’offerta in termini di vaccinazioni somministrate e di una migliore messa a punto delle normative. Per quanto concerne gli altri contesti, una normativa è stata adottata in 11 Paesi dell’Africa, 8 dell’America e 7 dell’area mediterranea orientale.
Tuttavia, solo una parte di questi paesi garantisce ai farmacisti la possibilità di somministrare vaccini. La normativa risulta invece assai limitata nell’Area del Pacifico Occidentale in cui solo in due paesi consentono sia la somministrazione che la prescrizione di vaccini da parte dei farmacisti. Infine l’area del Sudest asiatico risulta quella con la minore implementazione.
Le principali sfide
Stando ai risultati di una survey FIP, le sfide principali per il pieno dispiegamento della vaccinazione in farmacia riguardano il supporto governativo e del sistema sanitario – che compare tra la principale barriera segnalata – e le barriere finanziarie: l’assenza di una equa remunerazione scoraggia i farmacisti dal dedicarsi a questa tipologia di servizio.
Un ulteriore elemento ostativo è rappresentato dalla resistenza di altri professionisti sanitari – medici e infermieri in primis – motivato da una preoccupazione relativa alla carenza di una adeguata formazione da parte dei farmacisti e da problematiche di concorrenza. Sul tema della formazione – segnalato ma meno rilevante rispetto alle barriere politiche e finanziarie – programmi standardizzati sarebbero auspicabili, mentre tuttavia si ravvisa una formazione che varia notevolmente da paese a paese.
In tal senso, il documento FIP sottolinea che la vaccinazione in farmacia rappresenta un importante progresso nell’assistenza sanitaria e una risposta in termini di accessibilità, fruibilità ed efficienza. Altresì, con tassi di vaccinazione in molti Paesi (compresa l’Italia) al di sotto degli standard ottimali, la vaccinazione in farmacia rappresenta un’opportunità per migliorare l’immunizzazione riducendo al contempo il carico delle strutture sanitarie tradizionali.
Alcuni esempi di best practice
Il rapporto illustra anche alcune best practice messe in campo in alcuni contesti. In Paesi come Australia e Germania, è stato fondamentale introdurre cambiamenti normativi graduali e su scala nazionale, garantendo un sostegno delle parti interessate e dimostrando al tempo stesso i vantaggi di un più ampio accesso all’immunizzazione.
Per quanto concerne invece la formazione, premianti le esperienze di Arabia Saudita e Belgio che attraverso programmi strutturati hanno garantito che i farmacisti fossero dotati delle competenze e delle certificazioni necessarie.
Altresì, l‘integrazione dei registri vaccinali nei sistemi sanitari elettronici nazionali – come in Belgio, Irlanda e Portogallo – ha semplificato i flussi di lavoro, riducendo la frammentazione esistente nella raccolta dei dati e migliorando il coordinamento degli operatori sanitari.
Importanti campagne di sensibilizzazione, come quelle messe in campo in Canada e Svezia, si sono dimostrate particolarmente utili per superare la disinformazione e rafforzare la fiducia nei servizi di vaccinazione in farmacia. Infine, la collaborazione interprofessionale, come avvenuto in Francia e Grecia, ha ridotto le resistenze di altri operatori sanitari promuovendo il lavoro di squadra.
Per quanto riguarda l’Italia infine, il documento evidenzia con positiva enfasi la scelta di implementare un programma di formazione vaccinale standardizzato di carattere nazionale necessario a superare le disparità regionali e le resistenze professionali. Il documento ricorda altresì che all’inizio del 2024, sono state introdotte proposte legislative per far sì che i farmacisti possano somministrare tutti i vaccini a soggetti di età superiore ai 12 anni.
da Redazione SoFarmaMorra | 8 Maggio 2025 | Mondo Farmacia
fonte: www.farmacianews.it
Il ricordo di un profumo o un odore oggi è incluso nelle tecniche di vendita, al punto che l’olfatto è sempre più oggetto di numerosi studi su cui si basano le più moderne tecniche del cosiddetto “Neuromarketing”
Malva Moncalvo6 Maggio 2025
L’olfatto è il più ancestrale dei nostri sensi ma quello che è stato maggiormente tralasciato. Addirittura, Sigmund Freud sosteneva che il genere umano si sarebbe evoluto soltanto se avesse abbandonato l’utilizzo di questo senso così primitivo e animalesco che altro non faceva se non enfatizzare l’istinto con tutto ciò che ne conseguiva e che mal si sposava con le usanze della società. Sono numerosi gli esempi di tradizioni, ancora oggi utilizzate, che nascono da necessità olfattive.
Soltanto Friedrich Nietzsche riconobbe le peculiarità di questo senso e ne prese, in un certo qual modo, le difese affermando che “il suo naso non sbagliava mai”.
Il processo di sviluppo scientifico a lungo ha trascurato l’olfatto e sono moltissimi i ricercatori e gli scienziati, ma anche i filosofi e gli antropologi, ad aver minimizzato le capacità olfattive dell’uomo. Alcuni hanno formulato tesi legate alla dimensione del bulbo olfattivo, altri al rapporto bulbo olfattivo/cervello, altri ancora hanno sostenuto un processo di sviluppo del cervello stratificato e gerarchizzato da cui dipenderebbe l’importanza o la sudditanza di questo senso.
Individuare l’odore
In ogni caso, non è tanto la percezione dell’odore ciò che interessa ma l’individuazione dell’odore: il poterlo riconoscere e classificare. Secondo McGann, il cane avrebbe una migliore percezione dell’odore dell’urina per la strada mentre l’essere umano è capace di distinguere il profumo del vino buono: il cane non ha il recettore per il tricloroanisolo, la molecola che permette di stabilire se una bottiglia di vino “sa di tappo”.
Da quando l’uomo ha imparato a utilizzare il fuoco per cuocere i cibi, circa due milioni di anni fa, si sono sviluppati i cosiddetti recettori olfattivi della via retronasale: quelli che permettono alle componenti olfattive dei cibi di raggiungere la mucosa olfattiva dal retro della cavità orale.
I principali ruoli di questo senso sono tre: l’alimentazione, il riconoscimento dei pericoli e la comunicazione sociale. Il feto riconosce l’odore della madre e sarà ciò che ricercherà per l’allattamento. Il latte materno contiene vanillina, ecco quindi che la maggior parte delle persone allattate al seno ama i profumi base vaniglia, a differenza di chi è stato allattato artificialmente. Questo dato è un ottimo esempio della memorizzazione degli odori per ripetizione: un gesto istintivo, di sopravvivenza e ripetuto nel corso del tempo in maniera inconsapevole che ci porta in una zona di comfort che resterà tale per tutta la vita.
Legame con i ricordi
Tra i cinque sensi, l’olfatto è quello più legato ai processi di memoria, sia conscia (dichiarativa) che inconscia (non dichiarativa), in particolar modo per quanto concerne lo stato emozionale dei ricordi. In alcuni casi, infatti, presenta una possibilità trasmissiva inconscia, in quanto il messaggio passa in maniera indipendente dalla nostra volontà. Questa caratteristica fisiologica fa sì che, percependo un odore, ci possa ritornare alla memoria una determinata persona, situazione, luogo, proprio perché questo senso è riuscito ad aprire un “cassetto” della nostra memoria che sblocca uno o più ricordi.
Non a caso, gli anglosassoni parlano di “Sell with Smell” per sintetizzare le tecniche del cosiddetto neuromarketing che si propongono di rendere multisensoriale l’esperienza di acquisto. È indubbio, infatti che il profumo provochi benessere, invogli alla permanenza in un luogo e renda quindi più probabile anche l’acquisto.
Tecniche di vendita
Il marketing olfattivo usa gli odori con tecniche e strategie mirate a influenzare il comportamento di acquisto. Basti pensare che già nel 1966, Procter&Gamble aggiunse il profumo di limone a un detersivo liquido per piatti perché l’idea di questo agrume ne avrebbe evidenziato la forza sgrassante. Fu subito un successo, e lo è tuttora!
L’odore di pane, di vaniglia, di torta diventano uno strumento “porta dentro” e modificano il camminamento dell’utente: a parità di prezzo, infatti, siamo attratti da prodotti con una valenza emotiva e tendiamo ad aggrapparci a elementi rassicuranti che spesso riconducono al passato e a zone di comfort.
Volume giusto
Analizzando la mappa degli stimoli a cui è sottoposto il consumatore, è stato riscontrato che i fattori che influenzano le decisioni di acquisto inconsapevoli sono molteplici. Attenzione: inconsapevoli non significa irrazionali.
L’utente è spesso più attento al rapporto prezzo/quantità che non a quello prezzo/qualità e quest’ultima non si evince dalla lista degli ingredienti che compongono il prodotto, bensì molto più spesso dal tipo di packaging impiegato, dai colori e dalle forme utilizzate (che non è detto che siano coerenti con la vera natura del prodotto).
A parità di prezzo siamo più attratti dai prodotti con una valenza emotiva che può essere amplificata da stimoli multisensoriali. Ma è sempre bene non esagerare: il volume troppo alto della musica, così come l’eccesso di profumo, può risultare fastidiose e diventare controproducente.
Logo olfattivo
Riferendosi all’olfatto, sarà opportuno selezionare delle fragranze che creino il cosiddetto “logo olfattivo” del reparto, che potrebbe essere caratterizzato da note talcate in grado di evocare sensazioni di pulito, fresche e morbide, assolutamente non invasive e conferire agli ambienti della farmacia eleganza e sobrietà. In questo modo, si evita che il cliente/paziente si rivolga a noi solo per l’etico ed effettui gli acquisti del cosmetico altrove.
Con queste accortezze, è possibile collocare la farmacia come punto di riferimento professionale sul territorio, qualificandole e, nel contempo, differenziandole anche dalla multicanalità delle proposte. A questo proposito, è raccomandabile far capire ai clienti che i prodotti cosmetici selezionati sono di grande qualità selezionata e pertanto ideali sia per prendersi cura di sé che anche per utili regali.
I profumi rappresentano una category specifica del grande mondo della cosmesi. Anch’essi regolati a livello normativo del Reg. 1223/2009, i profumi godono oggi di grande attenzione in quanto il mercato è fortemente in espansione, proprio per la capacità dei suoi prodotti di attivare stati emozionali legati alla memoria olfattiva che risultano gratificanti per l’utilizzatore e fidelizzanti per il brand.
Attraverso il profumo si possono raccontare storie, sottolineare valori, consentire esperienze immersive ma soprattutto memorabili che, quando ben studiate, hanno molteplici risvolti positivi anche in termini di marketing.
Fin dall’antichità
L’olfatto ha una valenza ancestrale perché è il senso che ci ha sempre difeso dal pericolo e infatti rimane importantissimo e conserva il ruolo di barriera e protezione anche dagli agenti patogeni e/o dalle sostanze nocive per il quale Madre Natura pare ce lo abbia donato. Basti pensare che quando siamo raffreddati sentiamo meno anche i sapori, o che le bombole del metano, che è inodore, vengono appositamente addizionate con “l’odore del gas” proprio per rendere riconoscibili eventuali perdite che altrimenti sarebbero troppo pericolose.
Nel corso della storia, l’olfatto non è mai stato considerato un senso nobile quali sono la vista e l’udito, proprio perché caratterizzato da una componente inconscia che lo rende più istintivo, in un certo qual modo “con istinto animale”. Basti pensare che tutto il mondo dei Diritti di Autore tutela opere che interessano la vista o l’udito (vedi il mondo SIAE), ma non esiste nulla a tutela dei profumi. E non deve quindi sorprendere che a guidare questo senso siano più le emozioni che non le parole.
Sembra che la perdita dell’abitudine a saper usare l’olfatto abbia contribuito all’acquisizione della posizione eretta nel processo di sviluppo dell’uomo, infatti, gradualmente abbiamo avuto la necessità di “tirare su la testa” per dare spazio alla vista.
da Redazione SoFarmaMorra | 8 Maggio 2025 | Mondo Farmacia
Fonte: www.farmacista33.it
Una review internazionale, pubblicata sulla rivista World Allergy Organization Journal (IF 3,9), riconosce il ruolo centrale del farmacista nella gestione dell’asma e della rinite allergica per intercettare i bisogni insoddisfatti dei pazienti
di Paolo Levantino – Farmacista clinico
Rinite allergica e asma, counselling del farmacista su sintomi e farmaci: nuovo standard assistenziale in farmacia
Molti pazienti con asma e rinite allergica nonostante la disponibilità di trattamenti efficaci continuano a presentare bisogni clinici insoddisfatti dall’uso improprio dei farmaci Otc alla scarsa consapevolezza dei sintomi di allarme sottovalutati o riferiti in ritardo. In questo scenario, Molti pazienti con asma e rinite allergica nonostante la disponibilità di trattamenti efficaci continuano a presentare bisogni clinici insoddisfatti. Il farmacista può intervenire su più fronti educando al corretto uso degli inalatori, usando strumenti digitali e orientando la scelta dei farmaci di automedicazione. Il tutto in un modello di presa in carico standardizzato sulla base di un modello illustrato in una recente review pubblicata sul World Allergy Organization Journal e realizzata un team multidisciplinare composto da esperti clinici e accademici a livello mondiale a cui ha contribuito anche la Sifac.
Asma e rinite allergica patologie presenti contemporaneamente
La gestione delle patologie respiratorie croniche ha assunto un rilievo crescente, parallelamente all’aumento della loro prevalenza e alla complessità delle cure. Asma e rinite allergica (RA), spesso presenti contemporaneamente, richiedono una gestione continua, personalizzata e fondata sulla collaborazione tra diversi professionisti sanitari. In tale prospettiva, il farmacista può e deve diventare parte attiva della rete di presa in carico, contribuendo a migliorare l’aderenza terapeutica, a prevenire l’uso improprio dei farmaci da banco ed a favorire una corretta educazione sanitaria.
Bisogni insoddisfatti nei pazienti con asma e rinite allergica
Nonostante l’ampia disponibilità di opzioni terapeutiche, molti pazienti con asma e rinite allergica continuano a manifestare bisogni clinici insoddisfatti. Tra questi spiccano la scarsa aderenza al trattamento (stimata intorno al 60%), l’utilizzo improprio di farmaci sintomatici, una conoscenza limitata della patologia (con oltre il 40% dei pazienti che non riconosce i sintomi di allarme) e una gestione spesso lacunosa delle comorbidità. In aggiunta, uno studio europeo ha rilevato che oltre il 50% dei pazienti tende a sottovalutare i propri sintomi respiratori, riferendoli solo in fase acuta, compromettendo la continuità assistenziale e l’adeguatezza del trattamento a lungo termine.
Gestione quotidiana del paziente: counselling, educazione, monitoraggio
Il farmacista può colmare queste lacune agendo come figura di prossimità clinica e promotore di percorsi di cura strutturati, attraverso un ascolto attivo, counseling mirato, educazione sanitaria e follow-up costante. Il suo intervento, personalizzato e basato sulla relazione di fiducia con il paziente, può incrementare in modo significativo l’aderenza terapeutica, migliorare la tecnica di somministrazione dei farmaci (in particolare degli inalatori) e supportare il monitoraggio dei sintomi tramite strumenti digitali come l’app Mask-air. Secondo alcune evidenze, il counseling farmacologico può determinare un incremento fino al 40% nella persistenza terapeutica a sei mesi.
Il farmacista svolge, inoltre, una funzione fondamentale di filtro critico nell’uso dei farmaci da banco, orientando il paziente verso scelte terapeutiche appropriate e scoraggiando l’impiego cronico di soluzioni potenzialmente nocive, come i decongestionanti simpaticomimetici nasali. Questo tipo di vigilanza è particolarmente rilevante, considerando la diffusa tendenza all’automedicazione nei pazienti affetti da rinite allergica.
Il caso finlandese: un modello replicabile
Un esempio concreto dell’efficacia del coinvolgimento strutturato dei farmacisti arriva dalla Finlandia, dove il Programma per l’Asma (1994–2004) e il successivo Programma per le Allergie (2008–2018) hanno integrato formalmente le farmacie di comunità nelle strategie assistenziali. Questo approccio ha portato ad un miglioramento significativo del controllo delle malattie respiratorie e una riduzione del loro impatto economico e sociale. In particolare, i giorni di degenza ospedaliera per asma sono diminuiti del 54%, passando da 110.000 nel 1993 a 51.000 nel 2003. Nel 2004, quasi tutti i nuovi pazienti asmatici hanno ricevuto istruzioni adeguate sull’uso degli inalatori e nella maggior parte dei casi hanno dimostrato di padroneggiare correttamente la tecnica inalatoria, con evidenti benefici in termini di efficacia terapeutica e riduzione degli errori nella somministrazione.
Le evidenze scientifiche e le esperienze internazionali dimostrano che il farmacista può contribuire in modo sostanziale a migliorare gli outcome clinici, a promuovere l’aderenza terapeutica e a ridurre i costi diretti e indiretti legati alle patologie respiratorie. Per cogliere appieno questo potenziale, è indispensabile investire in formazione e strumenti operativi condivisi.