Test diagnostici e analisi: che cosa si può fare in farmacia

Test diagnostici e analisi: che cosa si può fare in farmacia

fonte: www.farma7.it

Negli ultimi anni il campo dei test diagnostici e analisi praticabili in farmacia si è notevolmente allargato e modificato, ampliando il ruolo del farmacista e la sua possibilità di offrire nuovi servizi al cittadino. Anche sollecitata da diverse richieste di chiarimenti, Federfarma ha ritenuto opportuno riepilogare la situazione odierna, secondo le norme vigenti, con la Circolare 294/2023, disponibile sul sito nell’area riservata.

Che cosa può fare oggi il farmacista nel campo di test diagnostici e analisi? Molte più cose che in passato. Federfarma riepiloga la situazione alla luce delle norme oggi in vigore.

È stata l’emergenza pandemica a dare l’impulso al cambiamento e a portare il legislatore a varare provvedimenti che, nel 2020 e nel 2022, consentivano al farmacista di svolgere attività precedentemente non previste o permesse nell’ambito di test diagnostici e analisi in farmacia.

Infatti, Federfarma ricorda anzitutto “il primo epocale cambiamento”, introdotto dalla Legge 178/2020, che consentiva l’effettuazione presso le farmacie, da parte di un farmacista, di test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare, prima non permesso.

Poi, nel 2022, con la Legge 52, è diventato possibile effettuare in farmacia test diagnostici a uso professionale che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo.

Superato così il vecchio concetto di autodiagnosi del paziente in farmacia, oggi il farmacista può utilizzare direttamente dispositivi a uso professionale per eseguire questi prelievi (di sangue o di campioni biologici).

I dispositivi che il farmacista può usare -chiarisce Federfarma- sono i near patient testing (Npt) o point of care test (Poct), cioè quelli non destinati all’autotest ma all’esecuzione di test al di fuori di un ambiente di laboratorio, generalmente vicino o al fianco del paziente da parte di un operatore sanitario.

I test diagnostici a uso professionale sono utilizzabili autonomamente dal farmacista in farmacia quando i referti non devono essere firmati da un medico di laboratorio o da altro professionista, all’interno del laboratorio.
Pertanto, specifica la circolare di Federfarma, questi test diagnostici a uso professionale “sono utilizzabili autonomamente dal farmacista in farmacia quando i relativi referti non devono essere firmati da un medico di laboratorio o da altro professionista, all’interno del laboratorio, specificamente individuato (come, per esempio, il direttore tecnico di laboratorio, che può essere solo ed esclusivamente un medico, un biologo o un chimico)”.

Eseguito il test, il farmacista deve consegnare obbligatoriamente il referto o esito al paziente, senza effettuare alcuna attività di diagnosi. È invece buona prassi ricordare al cittadino che l’esito del test deve essere visionato dal medico curante, per le valutazioni e le diagnosi del caso.

Permane, per contro, il divieto di effettuare prelievo di sangue venoso in farmacia.

Federfarma ricorda ancora che la normativa attuativa di riferimento della disposizione relativa ai test diagnostici è contenuta nel Protocollo d’intesa del 28 luglio 2022 tra Governo, Regioni e organizzazioni rappresentative delle farmacie.

Ma esistono elenchi dettagliati dei dispositivi utilizzabili e dei test eseguibili in farmacia? Federfarma chiarisce in proposito che “non esiste un elenco positivo e tassativo di tipologie di dispositivi medici a uso professionale per test diagnostici, effettuabili in farmacia, ma possono essere effettuati tutti i test, non destinati all’attività di laboratorio, per l’effettuazione del prelievo di sangue capillare e il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo”.

Dermatite atopica, il ruolo del farmacista

Dermatite atopica, il ruolo del farmacista

fonte: www.farmacianews.it

Si tratta di una delle patologie dermatologiche più frequenti nella popolazione italiana. Come si realizza nel concreto il supporto di questo professionista? I segni da osservare e i consigli da dispensare soprattutto nella gestione della fase di mantenimento dopo la terapia

La dermatite atopica, dopo l’acne, è la patologia dermatologica più frequente nella popolazione italiana e mondiale. Pertanto, è facile che il farmacista si imbatta in un paziente che ne soffre personalmente o che riporta i sintomi di un familiare affetto.
«È una patologia che colpisce gli epiteli, rendendoli meno efficienti nella difesa da agenti esterni (per esempio pollini o alimenti) – ci spiega Giovanni Damiani, medico ricercatore e docente di Dermatologia e Venereologia presso il Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche e Odontoiatriche dell’Università di Milano, Clinical Professor presso il Case Western Reserve University di Cleveland (USA) – Le manifestazioni cliniche spaziano dall’asma alla rinite, per arrivare alla congiuntivite e alle allergie.

Può colpire a tutte le età, dalla prima infanzia fino alla vecchiaia, e ha vari gradi di intensità, che vengono calcolati in base a diversi indici di severità, tra cui lo SCORAD (SCOring of Atopic Dermatitis). Nessun indice, però, tiene conto della globalità delle possibili manifestazioni, che nel loro insieme costituiscono la cosiddetta “sindrome atopica”, ossia dermatite atopica associata a rinite, congiuntivite e allergie alimentari».

L’intervento del farmacista
Data la diffusione della patologia, il farmacista si trova spesso a essere consultato da pazienti che ne soffrono personalmente o che riportano i sintomi di un familiare che ne è affetto. Come si esplica la gestione di questo utente da parte del professionista sanitario? In fase di diagnosi, «oltre a osservare eventuali farmaci prescritti e ad ascoltare i sintomi che il paziente lamenta, il farmacista può notare piccoli segni tipici della dermatite atopica nelle parti di pelle esposta e visibile, che cambiano come localizzazione a seconda dell’età del paziente – prosegue Damiani – Per esempio, nel neonato le guance sono una sede tipica, mentre nell’adulto e nell’anziano lo è il collo.

Nell’anziano, inoltre, la dermatite atopica può dare segno di sé con un eczema e un prurito generalizzato che prende il nome di “prurigo nodulare”, caratterizzata da noduli escoriati. Quando la patologia si manifesta in forma eritematosa desquamativa le lesioni sono siero-gementi e possono anche infettarsi facilmente».

I prodotti da suggerire
Il ruolo principale del farmacista nella dermatite atopica, tuttavia, secondo il dermatologo riguarda una skincare efficace da utilizzare nei periodi di mantenimento. «Un paziente, infatti, anche se ben trattato non è “guarito” dalla dermatite atopica, ma è un paziente in remissione, che non va incontro a flare o che lo fa meno spesso. È qui che il farmacista può diventare un alleato fondamentale, giocando una parte preminente, suggerendo vari interventi utili a potenziare la barriera cutanea.

Per la detersione è bene consigliare prodotti a base oleosa rigorosamente senza profumo e colore, il più possibile privi di parabeni e senza sostanze di origine vegetale potenzialmente allergizzanti, compresa l’aloe. Inoltre, serve consigliare l’applicazione almeno una volta al giorno di un prodotto riccamente emolliente, avendo però cura che la texture rispetti la stagione di utilizzo. Per esempio, un emolliente molto grasso d’estate va evitato, perché blocca la traspirazione della pelle. Nella stagione calda sono preferibili gel a base di ceramidi, senza mai cedere alla tentazione del profumo, che può peggiorare la situazione o causare addirittura un flare».

Gestire il trattamento
Un altro consiglio utile che il farmacista può dare, suggerisce Damiani, è quello di mescolare il cortisonico prescritto dal medico con una crema emolliente, per compensare gli effetti troppo aggressivi sulla pelle. «Per ragioni analoghe, e anche per evitare l’intenso bruciore al sito di applicazione, un suggerimento prezioso può essere quello di miscelare le creme con principio attivo tacrolimus con un gel a base di ceramidi, soprattutto quando il farmaco deve essere applicato intorno agli occhi, dove possono formarsi le tipiche ragadi dell’eczema atopico perioculare, che tormentano grandi e piccini.

Nei pazienti obesi un’altra cosa importante da ricordare è quella di consigliare sempre una texture molto bassa dei prodotti emollienti, perché tra le pieghe della pelle si verifica un importante fenomeno di macerazione della pelle, da non peggiorare. Nell’anziano magro, al contrario, è più opportuno consigliare una texture più consistente, perché la pelle è atrofica e va incontro a una Trans epidermal water loss (Tewl) molto più alta; il rischio di disidratazione è elevato e va contrastato.

Si tratta di piccoli accorgimenti apparentemente trascurabili, ma che in realtà non lo sono: rendono più tollerabile la terapia anche a beneficio dell’aderenza terapeutica e possono fare la differenza. I pazienti saranno grati a chi avrà cura di suggerirli, medico o farmacista».

Viaggiare in sicurezza. Vaccinazioni raccomandate e farmaci da mettere in valigia. Le indicazioni della SItI

Viaggiare in sicurezza. Vaccinazioni raccomandate e farmaci da mettere in valigia. Le indicazioni della SItI

Dalla Società Italiana d’Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) le indicazioni su vaccini consigliati e farmaci da portare in viaggio

Per prepararsi a un viaggio in aree geografiche in cui ci si espone a nuovi ambienti, alimenti e contatti con persone provenienti da diverse parti del Mondo è consigliato e talvolta obbligatorio ricorrere alla vaccinazione da valutare a seconda della meta, del periodo di permanenza e delle condizioni di salute personali. A dare indicazioni specifiche in merito è la Società Italiana d’Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI).

Mettersi in regola con le vaccinazioni obbligatorie e con quelle raccomandate, di routine, per tutti
Viaggiare all’Estero, spiega Roberta Siliquini presidente della Società Italiana d’Igiene (SItI), richiede “un’adeguata prevenzione e protezione. A seconda della meta, del periodo di permanenza e delle condizioni di salute personali, sono diverse le tipologie di vaccinazioni consigliate e, talvolta, obbligatorie. È pertanto di cruciale importanza avviare le procedure con adeguato anticipo, preferibilmente con un margine di tempo compreso tra 3 e 6 mesi rispetto alla data prevista di partenza”.
Tra i suggerimenti anche quello di mettersi in regola con le vaccinazioni obbligatorie e con quelle raccomandate, di routine, per tutti: vaccino DTPa (tetano-difterite-pertosse), antipolio, quello per l’epatite B, l’anti morbillo-parotite-rosolia e l’anti-HPV sono vaccinazioni efficaci contro patologie infettive che in parte soffrono ancora di una copertura non ottimale a livello di popolazione.
Il vaccino DTPa necessita di un richiamo decennale e vede una copertura, a 2 anni dalla nascita, del 94,04% a livello nazionale (dati 2020, coorte 2018), a fronte di una soglia ottimale del 95%. Allo stesso modo, anche il morbillo e l’Epatite B vedono una copertura vaccinale che fatica a raggiungere il livello ottimale raccomandato, con tassi di copertura rispettivamente del 91,79% e del 94,01% a 24 mesi (dati 2020, coorte 2018).

La vaccinazione contro l’Epatite B è raccomandata per tutti i viaggiatori che si recano in Paesi o in aree a rischio (l’infezione è particolarmente diffusa in Africa e Asia). Questa rientra tra le vaccinazioni obbligatorie in Italia a partire dalla nascita e rimane perciò raccomandata per tutti gli adulti non precedentemente vaccinati o appartenenti a categorie a rischio quali i diabetici, i dializzati, soggetti con infezione da HIV o con altra epatopatia cronica.

Africa, Asia, Medio Oriente e Sud America: i vaccini raccomandate o obbligatori
Altre vaccinazioni sono raccomandate o richieste obbligatoriamente, a seconda delle aree dove si intende recarsi. La vaccinazione per l’Epatite A è rivolta ai viaggiatori che desiderano visitare Paesi in Africa, Asia, del bacino Mediterraneo, Medio Oriente, Centro e Sud America, mentre quella contro l’Encefalite giapponese (JE), è raccomandata per chiunque si rechi in Asia. Il vaccino contro la Febbre Gialla dev’essere eseguito almeno 10 giorni prima della partenza, fornisce una validità per tutta la vita ed è richiesto obbligatoriamente per l’accesso in diversi Paesi dell’Africa centrale, occidentale e orientale e del Sud America in cui la malattia è endemica.
A tutti coloro che si recano nei paesi della cintura subsahariana è raccomandata la vaccinazione contro la meningite meningococcica mentre quella antirabbica è consigliata per tutti i viaggiatori diretti in aree endemiche di Asia, Africa e America Latina. La vaccinazione contro la febbre tifoide, invece, va considerata da chiunque si rechi in aree endemiche, in India o in zone con ceppi di Salmonella typhi resistenti agli antibiotici (Vietnam, Tajikistan).
I viaggiatori che hanno intenzione di recarsi, durante le stagioni più calde, in aree endemiche, boschive e rurali – principalmente in Austria, Cina, Repubblica Ceca, Paesi Baltici, Slovenia, Svezia, Svizzera ed alcune aree della Norvegia e della Russia meridionale – dovrebbero considerare la vaccinazione contro l’encefalite da zecche. La chemioprofilassi contro la malaria, infine, è rivolta a chi si vuole recare in vaste zone di Asia, Africa, America latina e centrale, isole caraibiche e Oceania.

Consulenza medica e farmaci da portare in valigia
Prima di fare un viaggio è fondamentale agire in maniera preventiva ed informarsi: su tutto il territorio italiano, infatti, esistono dei Servizi, nelle ASL di riferimento, dedicati alla Medicina dei Viaggi. I numerosi esperti a disposizione possono fornire consulenza personalizzata e informazioni aggiornate sulle malattie endemiche, le vaccinazioni consigliate e le precauzioni da adottare. Inoltre, è sempre necessaria una consulenza medica. Fattori come la presenza di patologie croniche, l’età avanzata o uno stato di immunodeficienza, possono infatti aumentare il rischio di contrarre forme gravi di malattie infettive. In caso il viaggiatore assuma dei farmaci regolarmente prescritti, è senz’altro utile assicurarsene una scorta che possa coprire tutta la durata del soggiorno ed una copia della prescrizione che attesti la necessità del farmaco.

Altre utili accortezze riguardano i farmaci antidiarroici che, essendo di vario tipo e diversamente impiegati a seconda della gravità della condizione, richiedono un consulto medico anche in previsione della partenza. In via sempre precauzionale, vengono sempre più spesso assunti farmaci che possano essere d’aiuto se si prevede di viaggiare in regioni ad alta altitudine. Anche qui, il parere medico è sempre indispensabile onde evitare eventuali effetti collaterali. Altre categorie di farmaci frequentemente utili da portare in viaggio sono gli antipiretici e analgesici (paracetamolo, ibuprofene) e gli antistaminici in caso di sintomatologie allergiche. Occorre infine tenere in considerazione le restrizioni applicate al trasporto di farmaci stupefacenti o psicotropi, verificando sempre la normativa vigente nel paese ospitante e avendo cura di segnalare con anticipo la necessità di portare quel determinato farmaco, abbinato alla prescrizione medica.
Oltre a consultare la propria ASL territoriale di riferimento, per avere maggiori informazioni, potrebbe essere utile consultare VaccinarSì.org, portale istituito dalla Società Italiana d’Igiene (SItI) per approfondire i molteplici aspetti legati alla prevenzione vaccinale, in cui è presente una sezione dedicata proprio ai viaggi e alle vaccinazioni.

Corrette norme igieniche e comportamentali su alimenti e bevande
Infine, le corrette norme igieniche e comportamentali: “I principali accorgimenti da considerare sono di bere solo acqua e bevande imbottigliate e sigillate, anche per lavarsi i denti, ed evitare il ghiaccio. In mancanza di acqua potabile, sarebbe sicuro consumarla solo dopo bollitura o con l’aggiunta di disinfettante. Sul fronte alimentare ricordiamo di lavare accuratamente con acqua ‘sicura’ e sbucciare personalmente le verdure e la frutta prima di consumarle crude e di mangiare solo cibi ben cotti e ancora caldi, evitando carne, pesce e uova crudi o poco cotti. Una delle misure più efficaci nel contrastare la contaminazione da patogeni è poi l’igiene delle mani, durante tutta la giornata. Per quanto riguarda le misure comportamentali per ridurre il rischio di sviluppare condizioni associate a punture di zanzare infette, ricordiamo l’importanza di un abbigliamento che non lasci scoperte zone di potenziale attacco di insetti o zecche, le applicazioni di opportuni repellenti sulla cute e l’utilizzo di servizi igienici ben mantenuti”.

Nuove regole Ecm: formazione sul campo, sistema premiale, acquisizione crediti. Ecco le novità in arrivo

Nuove regole Ecm: formazione sul campo, sistema premiale, acquisizione crediti. Ecco le novità in arrivo

Fonte: www.farmacista33.it

Durante l’incontro Agenas e Cogeaps si è parlato di revisione di contenuti e metodi di apprendimento per la formazione continua in sanità. Ecco le novità e le regole in studio

Nuovi contenuti e nuovi metodi di apprendimento si affacciano nella formazione continua in sanità. Ma l’incontro a Roma indetto da Agenas e Cogeaps – consorzio gestione anagrafica professioni sanitarie guidato dal segretario Fnomceo Roberto Monaco e preposto al la tenuta dei crediti Ecm – fa emergere anche problemi vecchi. A luglio si insedierà la nuova Commissione nazionale per la formazione continua (Cnfc) preposta a dare indicazioni sul recupero dei crediti degli anni pregressi. Ma intanto dal 1° gennaio 2026, finito questo triennio formativo 2023-25 in corso, i farmacisti, i medici e gli altri professionisti sanitari per contrarre un’assicurazione o mantenere quella che hanno dovranno aver totalizzato minimo il 70% dei punti di fabbisogno richiesti nel triennio. Molti non ci sono riusciti nemmeno con le migliori intenzioni. Ed è questo il punto dove si è concentrata, nella tavola rotonda dell’incontro dedicata alle professioni, un’importante critica della Federazione degli ordini dei farmacisti, rappresentata dal consigliere Giovanni Zorgno.

Schillaci: formazione Ecm più dinamica su competenze in ambito sanitario, veterinario e manageriale
Un’Ecm più “dinamica” – Il nuovo corso dell’Ecm annunciato dal ministro della Salute Orazio Schillaci apre la strada a «una formazione dinamica, dove il personale del servizio sanitario potrà sviluppare competenze digitali su intelligenza artificiale, medicina personalizzata, potenzialità del fascicolo sanitario, ma anche competenze manageriali e nozioni di prevenzione e controllo delle infezioni umane ed animali». Si parla anche di formazione sul campo, ne accennano la Ministra dell’Università Anna Maria Bernini e la Direttrice generale delle Professioni sanitarie e risorse umane del Ministero Mariella Mainolfi, che sottolinea come la nuova Cnfc dovrà valorizzare pure la formazione sul campo. Cioè, contenuti di audit e tratti dai confronti tratti dall’attività quotidiana. E dovrà fornire contenuti “misurabili”. In pratica, gli eventi formativi saranno più accessibili, ma si alzerà l’asticella, e sempre più spesso il discente dovrà sviluppare nell’attività di tutti i giorni quanto apprende. Ma una formazione di qualità oggi è possibile?

La formazione sul campo, Zorgno (Fofi): rivedere le regole sul monte-crediti da maturare nei 3 anni

  • «L’emergenza Covid – sottolinea Zorgno – ha fatto emergere qualche contraddizione nel sistema Ecm; l’esperienza quotidiana dimostra che i professionisti, a partire dai farmacisti, sono preparati alle nuove sfide e formati, dall’altra a seguire i numeri ci sarebbero un bel po’ di iscritti all’Albo sotto quota rispetto al fabbisogno triennale di crediti Ecm loro richiesto». Motivo: in pandemia le ore di lavoro sono state tante da entrare in competizione con quelle di formazione. «Ora, la legge del 2010 impone sanzioni ordinistiche a chi non raggiunge il fabbisogno: come ordini però ce la sentiamo di sanzionare un collega che si è consacrato giorno e notte al lavoro non potendo dedicare tempo all’Ecm, o forse non è il caso di rivedere le regole sul monte-crediti da maturare nei 3 anni?» Zorgno sottolinea come l’attuale sistema vada cambiato, «da sanzionatorio deve diventare premiale. I meccanismi sanzionatori non servono ai cittadini-pazienti; in un contesto dove ci sono pochi professionisti che hanno poco tempo, sanzionare è un boomerang. Il professionista va a cercare il credito dove lo trova».
    In merito accorre l’esempio portato da Gaetano Penocchio presidente della Fnovi, la Federazione degli ordini dei medici veterinari, che stigmatizza la norma per cui per assicurarsi la responsabilità civile un sanitario dovrà dimostrare dal 2026 il possesso del 70% dei crediti da fabbisogno, «ma dall’altra parte nessuno in questo meccanismo si cura se il veterinario che lavora a contatto con allevamenti ed aziende casearie si sia procurato i crediti, in assenza di alternative grazie a corsi su piccoli animali». Per Zorgno «occorre incentivare la formazione sul campo, sul quotidiano, sull’audit, nonché la formazione individuale e l’autoformazione del professionista. Solo così potremo dare risposte ai cittadini». Il “non detto” è che le leggi vigenti, quelle sanzionatorie, andrebbero riviste.

Novità sul bonus e nuovi crediti per i formatori
Non è un caso che ancora quest’anno si vada avanti a colpi di bonus. Ricorda Schillaci: «Abbiamo esteso al 31 dicembre 2023 il termine per acquisire crediti non maturati nel triennio 2020-22 dai sanitari impiegati in prima linea contro il Covid. Abbiamo inoltre previsto la possibilità di recuperare i crediti non acquisiti nel triennio 2017-19. Infine, in Emilia-Romagna nelle zone colpite dall’alluvione i crediti di questo triennio 2023-25 si intendono maturati per un terzo per chi ha continuato a lavorare». Di più: il primo compito della nuova Commissione, prossima ad insediarsi, sarà di dettagliare le modalità di acquisizione dei crediti compensativi che possono essere maturati da quest’anno per i professionisti che nei trienni precedenti erano al di sotto del fabbisogno.
Vanno invece nel senso di una formazione di qualità altre modifiche già apportate con delibere, decorrenti dal 1° gennaio di quest’anno, che il presidente Cogeaps Roberto Monaco ricorda. Intanto, relatori e docenti Fad, fin qui potevano prendere un credito con mezz’ora minimo di lezione, ma molte relazioni durano 20 minuti; da quest’anno 20 minuti fanno un credito ed una relazione di un’ora vale 3 crediti Ecm. Il tutor ora ha un credito per ogni mezz’ora di coinvolgimento e non per ogni ora. Il responsabile scientifico del corso con ruolo di supporto ai discenti, che prima non totalizzava crediti, ottiene il 20% dei crediti totali dell’evento residenziale o a distanza. Il tutor d’aula degli eventi residenziali accede ad un credito/ora anziché mezzo, nella Fad il tutor può avere fino a 5 crediti al mese e totalizzare fino ad un massimo di 30 crediti ad evento; al moderatore va un credito per ogni sessione moderata.

Pubblicità dei servizi della farmacia: come farla correttamente

Pubblicità dei servizi della farmacia: come farla correttamente

fonte: www.farma7.it

La Circolare di Federfarma 276/2023 richiama l’attenzione sul tema della pubblicità dei servizi della farmacia, di cui si occupa il recente Decreto “Salva infrazioni” (69/2023), nella parte in cui disciplina la materia della pubblicità nel settore sanitario. Secondo le norme approvate, le farmacie potranno pubblicizzare i loro servizi a condizione che la promozione non determini un ricorso improprio a trattamenti sanitari.

Secondo il Decreto “Salva infrazioni”, i farmacisti potranno fare la pubblicità dei servizi della farmacia, purché le promozioni non determinino un ricorso improprio a trattamenti sanitari.
Come spiega la Circolare 276 (al cui testo integrale si rimanda per approfondimenti, sul sito di Federfarma, nell’area riservata), le nuove disposizioni si allineano alla normativa europea in materia e riguardano anche i farmacisti, in quanto iscritti agli albi degli Ordini delle professioni sanitarie e alle farmacie, in quanto sono rivolte alle strutture sanitarie private di cura in qualsiasi forma giuridica svolgano la loro attività.

Secondo Federfarma, è da ritenere che la disposizione normativa di nuova introduzione abbia come campo di applicazione le attività promozionali che il farmacista titolare vorrà adottare per pubblicizzare i servizi offerti dalla propria farmacia. In particolare, la norma sottolinea la necessità di vietare “offerte, sconti e promozioni che possono determinare il ricorso improprio a trattamenti sanitari” . Questo è il principio base che deve regolare la pubblicità dei servizi della farmacia.

Federfarma fa notare che “l’effettiva applicabilità della norma non si presta a un’agevole individuazione di specifiche fattispecie e che ogni offerta andrà valutata caso per caso. Tale valutazione dovrà essere fatta allo scopo di evitare promozioni di servizi che, per esempio, nella loro ripetibilità, potrebbero essere valutate come un ricorso improprio a trattamenti sanitari”.

Una lacuna delle nuove disposizioni è invece “la mancata previsione di una specifica sanzione per chi violasse i nuovi principi di comunicazione informativa, se si eccettuano il controllo e le relative sanzioni disciplinari in capo al competente Ordine dei farmacisti”.

Prevenzione cardiovascolare e dieta: determinare l’efficacia dello schema alimentare

Prevenzione cardiovascolare e dieta: determinare l’efficacia dello schema alimentare

fonte: www.farmacista33.it

Prevenzione cardiovascolare e dieta: determinare l’efficacia dello schema alimentareQuando si parla di salute e prevenzione, è noto che l’alimentazione giochi un ruolo importante. La dieta, dicono i dati, è una delle principali cause di morte e malattia: a livello mondiale si attribuiscono alle abitudini alimentari sbagliate il 22% dei decessi fra le persone adulte e il 15% di disabilità (calcolata come somma degli anni di vita persi per mortalità prematura e degli anni di vita vissuti in condizioni di salute non ottimale o di disabilità). Le principali diete che riducono il rischio cardiovascolare sono quelle a basso contenuto di grassi totali o saturi, la dieta Mediterranea (o più correttamente uno stile dietetico di tipo mediterraneo) e la dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension).
Da un punto di vista delle evidenze scientifiche qual è la forza di queste affermazioni? Sulla base di quali dati è possibile trarre indicazioni terapeutiche o linee guida, in particolare in presenza di un rischio di malattia?

Efficacia su mortalità e principali eventi cardiovascolari
La maggior parte delle evidenze disponibili a carico di questi programmi, infatti, non presenta prove robuste, o perché non sono derivate da studi randomizzati o perché, anche quando tratte da meta-analisi a coppie di studi randomizzati controllati, non danno risposte certe sulla mortalità (pur suggerendo per alcuni schemi una riduzione degli eventi cardiovascolari). Un articolo pubblicato su British Medical Journal fa un po’ di chiarezza perché riporta le conclusioni di un’analisi dei principali sette schemi dietetici e il rischio di mortalità ed eventi cardiovascolari gravi, eseguita sulla base della metodologia GRADE (Grading of Recommendations, Assessment, Development and Evaluation): un sistema che valuta la qualità (o la certezza) dell’evidenza e la forza delle raccomandazioni. Questo approccio, sviluppato da una collaborazione internazionale di scienziati nel 2000 è oggi considerato lo standard di sviluppo di linee guida e di raccomandazioni cliniche basate sull’evidenza. È, per esempio, il metodo utilizzato in tutte le revisioni Cochrane.
L’obiettivo dello studio è stato proprio quello di determinare l’efficacia relativa di programmi dietetici per la prevenzione della mortalità e dei principali eventi cardiovascolari in pazienti critici. Va precisato che oltre alle considerazioni sullo stile alimentare, i programmi dietetici valutati potevano includere anche esercizio fisico, supporto comportamentale e altri interventi secondari come il trattamento farmacologico.
Gli outcome e le misurazioni dell’analisi comprendevano tutte le cause di mortalità, la mortalità cardiovascolare e gli eventi cardiovascolari come ictus, infarto miocardico non fatale e interventi cardiovascolari non pianificati.

Sette schemi dietetici a confronto
I risultati dell’analisi su una platea di 35.548 pazienti che seguivano 7 schemi dietetici diversi hanno infine confermato – con un grado di certezza moderato – che i programmi che promuovono le diete di stile mediterraneo e quelle a basso contenuto di grassi, con o senza attività fisica o altri interventi, sono quelle che possono ridurre la mortalità per tutte le cause e l’infarto miocardico non fatale nei pazienti con aumentato rischio cardiovascolare (a differenza di tutti gli altri programmi valutati i cui i risultati non superavano il livello minimo).
La Dieta Mediterranea quindi, già considerata universalmente uno schema dietetico salutare grazie ad una combinazione di alimenti ricchi di antiossidanti e molecole antinfiammatorie, si conferma uno strumento di prevenzione adeguato per la salute cardiovascolare, in modo particolare per quanti sono già ad alto rischio di esiti gravi o fatali.