Fonte: www.federfarma.it

La pubblicità comparativa che mette a confronto i prezzi praticati da negozi diversi per tipologia e dimensioni diventa ingannevole e quindi illecita quando tali differenze non vengono messe nella dovuta evidenza. Lo afferma una recente sentenza della Corte di giustizia Ue, chiamata a intervenire dalla Corte d’Appello di Parigi su una controversia riguardante due insegne della grande distribuzione francese: in una campagna pubblicitaria risalente al 2012 il gruppo Carrefour rivendicava i prezzi più bassi del mercato, sulla base di una ricerca condotta su oltre 500 prodotti di marca e in un ampio campione di negozi, compresi quelli del gruppo Intermarché. Il confronto, però, non era paritario perché da un lato erano stati presi gli ipermercati Carrefour, dall’altro i più piccoli supermercati del gruppo concorrente.

Se chi legge è un titolare di farmacia, ha già capito perché la notizia merita di essere riportata. Attenzione però: nella sua sentenza, la Corte di giustizia ritiene illecita la pubblicità comparativa di Carrefour solo perché il consumatore non è stato informato adeguatamente sulle differenze esistenti tra i due canali. Ne deriva quindi un travisamento che può spingere il cliente verso scelte che altrimenti non avrebbe preso. Le campagne che in Italia mettono a confronto prezzi e sconti dei corner gdo con quelli delle farmacie, quindi, non c’entrano perché il consumatore ha ben chiari i due elementi della comparazione. Dai giudici europei, però, arrivano alcune considerazioni che possono essere calate agevolmente nella querelle italiana tra titolari e grande distribuzione. Il motivo per cui, spiega la Corte, «l’obiettività del confronto (tra i prezzi praticati da canali differenti, ndr) può risultarne falsata se la pubblicità non menziona tale diversità», è dovuta al fatto che «i prezzi dei beni di consumo corrente possono subire variazioni in funzione della tipologia o delle dimensioni del negozio». In parole povere, superfici di vendita differenti per estensione comportano potenzialità di pricing diverse, forse addirittura incomparabili.

Al riguardo i giudici europei sono insistenti: «un confronto asimmetrico» si legge ancora nella sentenza «può avere l’effetto di creare o aumentare artificiosamente la differenza tra i prezzi dell’operatore pubblicizzato e quelli dei concorrenti». Chiaro insomma. E se per la Corte europea è asimmetrico comparare ipermercato e supermercato, cosa sarebbe mettere a confronto ipermercato e farmacia? (AS)